Trent’anni. Passati tra tavoli e fornelli. Testimone della salita e della discesa di Rieti, vista attraverso i racconti di famiglie e ragazzi che prima affollavano i suoi locali e che oggi, purtroppo, vedono la cena fuori come un “bene di lusso”. E poi i campioni, tanti. Soprattutto quelli del basket, ma anche di altri sport. Da Kobe Bryant appena bambino a David Hawkins (nella foto, il secondo da sinistra), Lino Lardo, Antonello Riva, fino ad Andrew Howe e alle stelle della danza che venivano al Vespasiano. E’ un fiume di ricordi Anselmo Fabri: per lui il non è solo un anno, ma il suo trentesimo anno da ristoratore reatino. «Ne ho viste tantissime in questi anni, ma una cosa non ho mai visto: qualcuno che usciva ubriaco dai miei locali. E lo dico con una punta di orgoglio». Racconta questi trent’anni di vita reatina dai tavoli della Taverna dei Fabri, punto di riferimento di tanti reatini. Ma la sua avventura era cominciata altrove, in quella Madonna del Cuore che, negli anni ’80, era ancora il quartiere della Viscosa e dell’aeroporto. «Cominciai grazie ad una persona che mi aiutò. Con una firma a garanzia riuscii ad avere un prestito e ad avviare la mia prima attività. erano anni d’oro, in cui si lavorava e si cresceva e in un anno misi da parte i soldi necessari ad avviare la mia impresa». Un’impresa che ha galoppato per anni, senza mai fermarsi. Anni in cui a Rieti c’era lavoro e dinamismo, voglia di crescere, di uscire, di divertirsi. «Gli anni ’80 e buona parte degli anni ’90 – racconta Anselmo – sono stati gli anni del boom delle uscite serali. I locali erano un punto di riferimento, si usciva per stare in compagnia, per passare una serata in tranquillità e in amicizia. In quei tempi io, come anche gli altri colleghi ristoratori, abbiamo cercato di dare il massimo ai clienti, facendo in modo che nei locali trovassero serenità e tranquillità. Non abbiamo mai visto uscire gente ubriaca, nè abbiamo mai avuto problemi. E questo è un vanto per me e per tanti altri». Dopo il boom, è arrivato il calo progressivo legato alla crisi. «Oggi l’età media dei clienti si è alzata – spiega Anselmo – e durante la settimana ci sono sempre meno famiglie che vengono a cena. Purtroppo andare al ristorante o in un locale è diventato un bene di lusso a causa della crisi. Questo non è un bene. Purtroppo per il futuro non c’è fiducia: non vedo la volontà politica di risolvere certi problemi. Eppure, soprattutto in certi casi, basterebbe davvero poco». Tra ztl e Tares, la vita di chi ha un’attività in centro storico a Rieti è sempre più complicata. Ma Anselmo non parla di questo. Ricordando i suoi trent’anni di attività, preferisce abbandonarsi ai ricordi più belli. E comincia con una serie di aneddoti dalle sfumature in bianco e nero. Da lui, come nel resto di Rieti, la pallacanestro è una vera e propria religione. Sui muri della sua taverna ci sono i “vessilli” della Sebastiani e i ricordi di tanti momenti di gioia che arrivano agli anni ’80. «Ai miei primi anni di attività – racconta – veniva spesso a cena Joe Bryant, all’epoca giocatore della Sebastiani. Con lui c’era sempre la moglie Pamela e il figlio Kobe. All’epoca era appena un bambino ed era affascinato dalla pizza. Ogni sera, insieme a David Sanesi, veniva nella mia cucina, prendeva un pezzo di pasta e passava ore a cercare di impastare una pizza. Ho un solo rimpianto di quegli anni e di quelle serate: non aver conservato una foto insieme a loro». Foto: RietiLife ©