“L’EDITORIALE DI FORMAT”

“I’M POSSIBLE” di Maurizio Festuccia.

Due parole in una: una il contrario dell’altra. Ma unite, stranamente, sembrano frustranti, incapaci, senza via d’uscita, separate vogliono dire tutt’altra cosa: non c’è nulla di impossibile per me! E questo mi fa riflettere molto sulla etimologia delle parole e costruzione di particolari frasi. Ho sempre ritenuto che la lingua italiana ci offrisse lo spunto per giocare con le parole, che il nostro lessico fosse di gran lunga il migliore e più completo di tutti, che ci permettesse di focalizzare al meglio un concetto utilizzando il termine più appropriato ed invece, stavolta è l’inglese che mi ha sorpreso al punto di vederlo scritto, fotografarlo sulla spiaggia e regalargli il posto d’onore in copertina.
“I’m possible” dovrebbe essere un motto interiore per ogni essere umano, uno sprone a non desistere mai, a crederci sempre, a confidare nelle proprie capacità, a non darsi mai per vinto. E quando lo sconforto sembra avvolgerti per raderti al suolo, quando la depressione ti avvinghia per non lasciarti più fino a soffocarti, è lì che il tuo “ego”, il tuo “essere” e non “subire”, deve darti quell’energia in più, quella propulsione adatta ad uscir fuori da ogni situazione nel modo migliore, quello vincente, la maniera giusta per importi, per giungere al “successo”. Un’adrenalina psicologica, un crederci di continuo per costruire, seppur mattone dopo mattone, andare avanti e mai lasciarsi sorprendere dal “nulla”, dall’impossibilità più o meno manifesta di lasciarsi andare, di non raggiungere il traguardo. “Nothing is impossibile”, recitava un altro slogan, ma questo “I’m possible”, secondo me, dice molto di più, forse lo italianizzo troppo ma quando lo leggo mi si apre un mondo di ottimismo, di forza interiore, un moltiplicarsi di energie mentali prima di quelle fisiche. Una sferzata di vitalità che dovremmo avere spesso a portata di mano, più di un farmaco miracoloso, più di un intruglio da fattucchiere, più di un antidoto da farmacisti, più di una magia di Harry Potter, per guardare ed osare nella vita con piglio più deciso e propositivo. Perché se “Io sono possibile”, tradotto nella nostra lingua, potrebbe anche assumere un significato ben più deciso ed inconfutabile tipo: “Io sono capace” e, pertanto, una sorta di autostima conscia e costante che oggi, in molti, stanno perdendo, ahimè, lasciandosi sopraffare dall’immobilismo. E’ già da un anno che avrei voluto dire queste cose, fare queste considerazioni su questa “formuletta magica” che faremmo bene a tener presente in ogni momento della nostra vita. Ci dovrebbe accompagnare sempre, farci forza quando qualcosa si strappa, si lacera, si sgretola, o sembra incontrollabilmente rovinarci del tutto sopra. E in un momento come questo, laddove impera il pessimismo universale, e la sempre più citata “crisi”, oltre la realtà, sembra inchiodarci al nostro più infausto destino, laddove i conti non tornano mai, laddove manca sempre un soldo per fare una lira e quando ti vedi sempre impresentabile, brutto e sporco anche se ti sei appena truccato da qualcosa o da qualcuno, è quello il momento per riappropriarsi delle proprie sembianze e raccogliere tutti i credo che hai nella tua tasca più recondita e ricominciare a guardarti per bene dentro: “I’m possible”, ce la posso fare, ce la devo fare, ce la faccio di sicuro!
Non sto cercando di convincermi né di convincere nessun altro, con questo vorrei tanto che ognuno di noi riuscisse a far quadrare i conti del proprio “essere” proprio quando quelli dell’ “apparire” rimangono perennemente appannati. Cerchiamo di crederci un po’ di più; la nostra forza, insomma, non è fuori di noi ma dentro, più o meno nascosta, ma c’è ed è a quella che dobbiamo ricorrere, è in quella che dobbiamo avere più fiducia. Abbiate fede, soprattutto in voi stessi! Il destino è nelle vostre mani e ci potrete fare di tutto: gettarlo al vento sbriciolandolo oppure farne una palla di piombo e buttare giù tutti i birilli che vi si parano contro.

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