Poco più di seimila attivazioni di rapporti di lavoro nei primi sei mesi del 2023, un numero in contrazione rispetto allo stesso periodo del 2022 quando si erano registrati 6.240 nuovi contratti firmati. Sul fronte opposto le cessazioni contrattuali sono state 5.662, un valore inferiore a quello del primo semestre dello scorso anno, quando erano state superate le seimila unità. A conti fatti il saldo tra attivazioni e cessazioni durante il primo semestre di quest’anno è pari a 358 unità. Su base regionale, invece, sono state 492mila le attivazioni contrattuali mentre circa 412mila sono state le cessazioni, con un saldo positivo di 80mila contratti. A scattare la fotografia è il dossier della Uil del Lazio e dell’Eures “Occupazione e qualità del lavoro nella regione” elaborato su dati Inps e relativo ai lavoratori del settore privato escluso quello agricolo.
“Sebbene il saldo tra contratti attivati e cessati sia positivo – spiega Alberto Paolucci, Segretario generale della Uil di Rieti e della Sabina Romana – da una approfondita lettura troviamo conferma che la tendenza alla precarizzazione del lavoro prosegue senza sosta. E così il crescente ricorso a forme contrattuali atipiche finisce per mortificare e umiliare le aspettative delle lavoratrici e lavoratori”.
A conferma di quanto sostiene il segretario Paolucci ci sono i numeri: dei 6.020 nuovi rapporti di lavoro attivati in questo primo semestre, soltanto 938 sono stati quelli a tempo indeterminato, 2.429 invece quelli a termine e 317 i contratti di lavoro di apprendistato. A seguire: 108 i contratti stagionali attivati, 2.090 quelli in somministrazione e 138 gli intermittenti.
Considerando però più nello specifico il saldo tra contratti attivati e cessati tra i due semestri oggetto del dossier, il bilancio indica un saldo negativo di 147 unità per i contratti a tempo indeterminato; segno meno anche per gli stagionali (4) e i somministrati (346), laddove crescono i contratti a termine (706), quelli di apprendistato (104) e gli intermittenti (45).
“Questa dinamica perversa – conclude Paolucci – oltre a impoverire i lavoratori, alle prese con una inflazione che svuota tasche e portafogli delle persone, ha effetti pressoché nulli sulla produttività delle imprese. Per risolvere il problema dei contratti precari si potrebbe seguire il modello spagnolo e limitarne l’abuso. Lo sostiene da tempo il nostro segretario Bombardieri: bisogna fare una scelta di fondo, ovvero il lavoro precario deve costare di più di quello a tempo indeterminato”.
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