(di Martina Grillotti) Una terribile fatalità lo ha costretto in ospedale dal 20 di agosto: quello che è accaduto al reatino Nazareno Conti ha del pauroso, un vero e proprio inferno dal quale si salva solo il 27% dei casi, il 5% senza amputazioni agli arti. Classe 1974, Conti racconta la sua terribile esperienza a causa del cosiddetto “virus mangiacarne” (scientificamente il vibrio vulnificus). Un caso rarissimo, forse il primo in Italia, tanto è vero che dall’ospedale di Terni – dove è ricoverato – è partita immediatamente una segnalazione al Ministero della Salute per malattia importante e pericolosa.
“È davvero pauroso – racconta piangendo Nazareno a RietiLife – un inferno, anche se ora il batterio è debellato io non ce la faccio più, sono dimagrito 23kg, sono stato in terapia intensiva e il virus ha lasciato anche strascichi nei tessuti che devono riassorbirsi. Un giorno va bene, un giorno peggiora”. Stando a quanto lo stesso Nazareno ha ricostruito il virus potrebbe averlo contratto sul Terminillo, un’anomalia rispetto a dove in genere prolifera (nelle acque). Un paio di giorni prima del 20 agosto, Nazareno – addetto alla sicurezza che vive a Leonessa, padre di quattro figlie – è caduto inciampando in montagna. “Un piccolo taglio al ginocchio della gamba sinistra. Niente di preoccupante, o almeno così sembrava ma dopo un paio di giorni, la carne ha cominciato a puzzare tremendamente e ho iniziato a stare malissimo. Sono svenuto dopo aver sceso le scale e per questo ho deciso di andare subito in ospedale, a Terni dove ho lavorato come addetto alla sicurezza per tanti anni. Lì conosco tutti e tutti mi conoscono. Un medico quando ha messo le mani sulla mia gamba mi ha detto di aver avuto paura, di non avere idea di cosa fare. Mi hanno aperto la gamba, ora ho solo la cicatrice e tutto si è rimarginato, curioso che invece quel taglietto sia ancora lì”.
All’ospedale di Terni infatti, Nazareno è stato sottoposto a quattro interventi chirurgici al termine dei quali gli sono stati applicati oltre cento punti di sutura, fra esterni e interni. Ora sono solo cicatrici già ben chiuse e rimarginate ma quel taglietto che alla fine di agosto si è procurato sul Terminillo è ancora lì. Terapia Intensiva, Malattie Infettive, Medicina d’Urgenza: ogni singolo reparto in cui Nazareno è stato ricoverato si è chiesto come fosse possibile una cosa del genere. Le analisi per scoprire che cosa lo abbia ridotto in quello stato danno un solo risultato: vibrio vulnificus. Non è chiaro come dai mari del sud sia arrivato in cima al Terminillo fatto sta che a colpire è stato il batterio mangiacarne. Forse, lasciato in quel punto – drammatica coincidenza – con gli escrementi di un animale con i quali, in seguito alla caduta, Nazareno potrebbe essere entrato in contatto.
La storia di Nazareno Conti è davvero da brividi e la racconta piangendo non tanto per farla conoscere quanto per avvisare “È davvero pericoloso, non stiamo parlando di una malattia come un’altra. Voglio avvisare tutti di stare molto attenti perché basta davvero un taglietto, un piccolo graffio, e si finisce in un vero inferno. La mia fortuna è stata graffiarmi alla gamba e non più su, altrimenti avrei avuto 48 ore di vita: non sottovalutate nemmeno un graffio. Sono padre di 4 figlie, ho pensato a loro, se fosse successo ad un bambino con le difese immunitarie più basse o se mi fossi graffiato più in alto il virus avrebbe colpito il cuore”. Il batterio che ha contratto fa parte della famiglia del colera e normalmente vive nelle acque tropicali del golfo del Messico ma, secondo recenti studi e i casi registrati negli ultimi periodi si sta iniziando a spostare: la scorsa estate, il Cdc degli Stati Uniti d’America ha diramato una allerta sanitaria a causa di cinque decessi legati al batterio che si sarebbero verificati in aree dove normalmente non vivono. Negli Usa, Vibrio produce circa 28mila infezioni ogni anno, aumentate di otto volte fra il 1998 e il 2018. In Italia il batterio è presente ma i casi sono rari, rarissimi. Probabilmente favorito dall’aumento delle temperature, che lo porta a proliferare anche nelle acque del Mediterraneo. Ma non ad oltre duemila metri di altezza, dove presumibilmente è avvenuto il contagio di Nazareno.
“Voglio dire grazie ai tanti che mi sono stati vicini, che mi hanno fatto sentire ancora vivo, ai miei concittadini leonessani, ai medici che mi hanno davvero salvato la vita e ai miei cari che hanno deciso di portarmi in ospedale” dice Nazareno a RietiLife.
Foto: RietiLife ©