Sulle tracce di esche avvelenate: è questo il compito affidato ad Asia, splendido esemplare di Pastore Belga Malinois che insieme al suo conduttore compone l’Unità Cinofila Antiveleno in servizio presso il Gruppo Carabinieri Forestale di Rieti. Appositamente addestrata, Asia riesce, con il proprio fiuto, a riconoscere le più disparate varietà di veleni tra quelli maggiormente utilizzati.
Le polpette nocive sono utilizzate soprattutto per “liberare” le zone di caccia e i pascoli dai predatori più comuni nel nostro territorio, tra cui i lupi, ma non è purtroppo inusuale il loro impiego neppure per l’uccisione di animali domestici considerati fastidiosi o nelle aree vocate alla raccolta di tartufi, dove soggetti senza scrupoli tentano di avvelenare i cani dei rivali per dispetto o per interessi economici. Il veleno non è però selettivo e può innescare un’inarrestabile “catena di morte”. Insieme ai malcapitati animali, infatti, muoiono anche volpi, scoiattoli, ghiri, tassi, ricci, gatti selvatici e una lunga schiera di uccelli, soprattutto rapaci necrofagi, tra cui gipeti e nibbi reali.
Nelle ultime settimane, il Gruppo Carabinieri Forestale di Rieti, con l’ausilio dell’Unità Cinofila Antiveleno, ha predisposto l’intensificazione di servizi di controllo volti al monitoraggio delle aree montane e collinari, cui può seguire la bonifica delle zone in cui vengono rinvenuti bocconi avvelenati, per interrompere la “catena di morte”, scongiurando anche eventuali danni alla salute umana, e poter risalire ai responsabili. Dall’inizio dell’anno, l’Unità Cinofila ha eseguito, in ambito regionale, oltre 60 ispezioni preventive e 25 d’urgenza, durante le quali sono stati repertati 14 campioni, di cui oltre la metà risultati avvelenati.
Con il ritorno dei grandi carnivori nelle zone rurali, per rendere possibile la loro convivenza con le attività umane, all’attività preventiva e repressiva di polizia, posta in essere dai reparti della specialità forestale dell’Arma, dovranno necessariamente aggiungersi la corretta informazione e l’educazione. Ad esempio, può senz’altro “mitigare” l’insorgenza di eventuali conflitti l’adozione di semplici accortezze di natura pratica, tra cui evitare il deposito di rifiuti, in particolare organici, in luoghi di facile accesso per la fauna selvatica, custodire il bestiame, soprattutto nelle ore notturne, in luoghi chiusi o accuratamente recintati ed elettrificati, garantire la presenza di un idoneo numero di cani da guardia. L’utilizzo del veleno contro la fauna selvatica e domestica non può rappresentare la soluzione, tanto che questa condotta, considerata un delitto, viene severamente punita dal nostro codice penale con pene molto severe, tra cui la reclusione fino a due anni.
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