(cr.co.) Una famiglia e una passione per la montagna: è il mix di ingredienti della storia di Emanuele Ludovisi, la compagna Claudia e i figli Noah di 7 anni, Andrea 3 anni ed Ethan di appena 9 mesi. La coppia gestisce da gennaio il rifugio – aperto nel 1961 – Angelo Sebastiani e dal 2017 il rifugio Rinaldi. La famiglia Ludovisi si è raccontata, a tutto tondo all ‘Avvenire.it, di come è nata questa passione, fino alla vincita del bando e ai non pochi problemi che devono affrontare ogni giorno: “Mio nonno è di Pettino – ha raccontato Emanuele – ed è lì che da bambino è nato il mio amore per la montagna. Ho cominciato col Cammino di Santiago di Compostela a 29 anni». Poi è arrivato l’alpinismo, lo scialpinismo, la corsa in montagna, i lunghi trail. «Mi piace l’avventura, mettermi alla prova. Con Claudia fantasticavamo di gestire un rifugio, pensavamo al Trentino. Non frequentavamo il Terminillo. È stato quasi un caso”. Da lì un susseguirsi di eventi, la vincita del bando per il rifugio Rinaldi “vinta grazie ai miei tre muli” fino ad arrivare alla nascita del primo figlio Noah, appassionato anche lui di montagna, e poi dei suoi due fratellini. Il rifugio Sebastiani, come detto, viene 6 anni dopo il Rinaldi, con la famiglia che decide di raddoppiare il loro impegno: la struttura era vecchia, ormai non aveva più niente di quello che può essere considerato un rifugio di montagna.
Era diventato solo un ristorante di pranzo, raggiungibile facilmente in auto, niente pernottamento, niente cena, nessuna attività alpinistica. Ora, invece, con Emanuele e Claudia, è possibile pernottare nelle tre camerate, 20 posti letto, con colazione, pranzo e cena. In perfetto stile rifugio. Inoltre sono partiti corsi di alpinismo e del soccorso alpino. Come in ogni cosa, ci sono sempre delle difficoltà: “La neve non è più costante. Si passa da un eccesso all’altro, con eventi estremi. Così la montagna è più pericolosa ma la strada è un’altra cosa”. Quest’anno è nevicato poco, poi a gennaio ne è arrivata tanta tutta assieme: “Siamo rimasti bloccati al rifugio per 23 giorni, senza che nessuno venisse a pulire la strada con lo spazzaneve. Poi l’hanno pulita ma solo in parte. Siamo stati abbandonati. Per fare la spesa dovevo scendere in parte col fuoristrada e poi a piedi». Ovviamente in quel periodo non hanno potuto lavorare. Ed Emanuele per protesta, una volta liberata la strada, l’ha bloccata con la sua auto. «Farò una guerra affinché la strada sia sempre percorribile, ne faccio un caso nazionale». Anche perché il rifugio è sempre aperto, tranne novembre e maggio, mesi con poca affluenza. Ma questo, non fa certo mollare Emanuele e Claudia che ribadiscono all’unisono all’Avvenire.it di come “questa sia stata la scelta giusta”. Ora il rifugio Sebastiani ha una nuova vita, grazie alla famiglia Ludovisi e tutti i loro aiutanti. “Qui il tempo va a rilento”, il simpatico e veritiero slogan di Emanuele e Claudia.
Foto: Avvenire.it ©