“Siamo arrivati al ‘redde rationem’ sul problema dell’impatto dei cinghiali sul territorio. È francamente risibile il livello con il quale si affronta questo problema: “sparare” o no all’animale? Si può affermare che questo è lo stesso livello è lo stesso con cui si sarebbe affrontata la questione all’inizio del secolo scorso. Basta! Non siamo più (si spera) una società antica. Consideriamo velocemente tre aspetti della questione: quello biologico, sanitario ed economico” lo scrive in un comunicato Guido Colasanti di Copagri Rieti.
“Biologico: consideriamo la specie Sus scrofa per quello che e cioè un animale generalista estremo ovvero come la specie Mus musculus è in grado di valorizzare qualsiasi tipo di alimento e di occasione per nutrirsi. Alla luce di ciò si può capire come gli insediamenti urbani ne possano attirare la presenza. Aspetto sanitario: non occorre ripeterlo ma comunque è sempre utile farlo. Il cinghiale è vettore di zoonosi e altre malattie e per le abitudini alimentari non ne è consigliabile il consumo della carne. Aspetto economico: può essere riferito al danno riflesso riconducibile agli aspetti sanitari ed ai danni subiti da una preziosa biodiversità naturale del territorio di insediamento” insiste la nota.
“Tralasciando quindi le solite e sterili discussioni su ‘sparo’ si e ‘sparo’ no si chiede in modo veemente al proprietario della cosa pubblica e quindi agli Enti che lo rappresentano di rispondere in modo certo almeno alle seguenti domande:
- Come le popolazioni di mammiferi ed uccelli reagiscono all’insistere sul loro territorio della popolazione della Sus scrofa;
- Come la fitoconsociazione reagisce sia per qualità che per specie rappresentate alla popolazione degli ungulati;
- Come le popolazioni di non mammiferi e non uccelli (rettili e specie ripariali e acquatiche) reagiscono al variare della popolazione dei selvatici in questione.
Ultimo quesito ma di grande importanza: qual è l’entità globale dell’impatto economico di questi predatori invasivi e chiunque non venga a dire che occorre ridurre lo sviluppo della comunità umana?” conclude Copagri.
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