(ma,gri.) Anni di ritardi, una ricostruzione che stenta a partire ma che ora – da un paio d’anni – viaggia abbastanza velocemente. Sì, ma a quale prezzo? Da quanto emerge nell’inchiesta condotta da “Il Fatto Quotidiano”, per la ricostruzione nel cratere del Sisma 2016 i costi sono altissimi, si parla addirittura 26-30 miliardi di euro, di cui 5 solo per i progettisti. Nel quadrato tra Lazio, Marche, Abruzzo e Umbria ci sono 138 comuni con danni seri e altri 500 circa che hanno subito danni più lievi. Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto hanno ricevuto così tanti fondi da non sapere più come utilizzarli se non costruendo le case ad un costo di circa 5mila euro al metro quadrato, pur sapendo che, se anche dovesse essere rivenduta il giorno dopo il completamento, non varrebbe più di 500 euro al metro quadrato.
Sempre secondo il Fatto, Amatrice, che conta 2.500 residenti e da cui si attendevano circa 2.100 domande di ricostruzione (ma ne sono arrivate 1.076, di cui approvate solo 538 per un valore complessivo di 480 milioni di euro) è stata inondata di soldi, una cifra spaziale: 1miliardo e 355 milioni di euro che potrebbero essere spesi solo pensando ad una ricostruzione extra lusso. Uno sproposito talmente grande che invece di far bene blocca tutto e inchioda il comune reatino al fermo tecnico. Accumoli, che conta 551 residenti e da cui sarebbero dovute arrivare 695 domande, ne ha ricevute solo 215 di cui approvate 101, eppure, per questo comune il Governo ha previsto 450 milioni di euro. A cosa porta tutto questo? Alla possibilità che l’aerea del cratere 2016 diventi la piattaforma perfetta per una ricostruzione infinita. Finora, infatti, in tutto il territorio del cratere sono state consegnate 18mila abitazioni e un quarto dei terremotati ha lasciato i prefabbricati, eppure, per qualche motivo la maggior parte delle case consegnate sono vuote.
Un dramma da imputare solo al fatto che ci sono pochissimi collegamenti ferroviari, in primis con la Capitale. Un residente ad Amatrice, ad esempio, per andare a lavorare in auto a Roma dovrebbe passare in viaggio circa 4 ore al giorno, e allora cambia casa e scende in città: meglio vivere nel Capoluogo e risparmiare due ore di tempo al giorno che tornare in paese. E così se la ricostruzione è ferma, se le case stentano ad essere ricostruite a chi importa? Di certo non ai giovani lavoratori, loro hanno trovato e troveranno altre soluzioni, ma alla memoria storica dei paesi: sono loro, gli anziani, quelli che hanno visto crollare i sacrifici di una vita, che non vedranno (forse) mai più la propria casa ricostruita. Anche se va dato atto che il lavoro di Legnini è stato già di suo eccellente (dei circa 15mila cantieri al momento aperti, 11mila sono stati inaugurati proprio sotto la dirigenza di Legnini), ora c’è solo da sperare che il nuovo commissario, Guido Castelli, riesca a sbrogliare la matassa e dunque sbloccare tutti i cantieri fermi o in attesa.
Foto: Gianluca VANNICELLI ©