Nasce Radici e Ali, una cooperativa di comunità costituita con il sostegno di Legacoop Lazio per far rivivere i luoghi distrutti dal terremoto del Centro Italia. Partita da Amatrice e Accumoli, coinvolgerà presto anche i Comuni di Leonessa, Posta, Cittareale e Borbona per valorizzare il territorio, rilanciare l’occupazione e contrastare lo spopolamento. Presenterà il suo progetto il 17 dicembre alle 10.00 presso l’Auditorium della Laga di Amatrice. “Importante unirsi perché il sisma ha colpito il territorio e non ha fatto distinzioni tra i confini comunali”, spiega la sindaca di Accumoli Franca D’Angeli. “Valorizzare il patrimonio storico-culturale, ambientale e sociale vuol dire porre le condizioni per una ripartenza che non si limita alla sola ricostruzione fisica dei centri distrutti dal terremoto ma che ha come obiettivo strategico lo sviluppo economico e il ripopolamento delle aree montane-appenniniche” aggiunge il sindaco di Amatrice Giorgio Cortellesi. E se la ricostruzione procede lentamente, c’è un’altra urgenza da non sottovalutare: ricucire i legami delle comunità disperse e riportare le persone a vivere quei luoghi. Perché il terremoto ha allontanato e messo a dura prova l’identità della collettività che viveva in queste aree. “La nostra cooperativa di comunità rappresenta la spia di una generazione nuova di nativi, ritornanti e alieni che nelle nostre montagne tornano o arrivano intenzionalmente” racconta il presidente di Radici e ali Armando Nanni. Ma iniziative simili in territori così difficili hanno bisogno di supporto istituzionale. “La cooperativa di comunità, solo di recente riconosciuta da una Legge della Regione Lazio, funziona da collante sociale anche in aree interne o con problemi di aggregazione delle forze sociali del territorio ma è una cooperativa di fatto e come tale deve essere sostenibile anche economicamente” commenta Massimo Pelosi, responsabile Legacoop Distretto Lazio Nord. Per questo Radici e Ali partecipa anche al Fondo complementare aree sisma del PNRR ma punta a una serie di azioni e attività per raggiungere l’autonomia e riattivare la microeconomia locale. Questa operazione si inscrive in una strategia più ampia di Legacoop per le aree colpite dal sisma, in particolare nel Lazio con l’associazione impegnata in una intensa attività di progettazione, che trova nello strumento della cooperativa di comunità il suo centro e ha come importante precedente nell’area del Centro Italia la Comunità dei Sibillini. “Radici e ali è solo l’ultima realtà nata da questo percorso di accompagnamento delle comunità per sostenerle nei processi di sviluppo locale, sul fronte marchigiano sono infatti già attive e operanti altre cooperative di comunità accompagnate da Legacoop subito dopo il sisma del 2016” spiega Paolo Scaramuccia, responsabile delle cooperative di comunità di Legacoop Nazionale. “Cos’altro è la cooperativa di comunità se non espressione concreta dell’articolo 118 della Costituzione?” sottolinea Mauro Iengo, presidente di Legacoop Lazio. “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà” recita l’articolo. Se le basi costituzionali sono queste, la Legge Regionale del 3 marzo 2021 n.1 è stata fondamentale per favorire la nascita di Radici e ali. E intanto i fondatori della neocostituita cooperativa scelgono una frase del sindaco Angelo Vassallo, ucciso dalla mafia, come riferimento: “Lo Stato siamo noi. Sono i piccoli paesi che fanno il Paese. La vera ricchezza è il luogo in cui si vive”.
Sono quasi tutti residenti cui sei anni fa il terremoto ha restituito solo macerie di quelle case, chiese, piazze, attività commerciali e ritrovi sociali attorno ai quali ruotava tutta la loro vita ad aver scommesso sulla cooperativa di comunità Radici e Ali. Obiettivo: dare vita a un patto di intergenerazionalità che consegni ai giovani ancora una volta i territori e affidi loro le sorti della comunità. Nata con il sostegno di Legacoop Lazio, si è costituita attorno a due associazioni di volontariato, “Radici accumolesi ODV“ e “Laga Insieme Onlus” per fare ufficialmente il suo ingresso tra le imprese che oggi in tutta Italia aspirano a contrastare lo spopolamento e a riattivare l’economia locale su iniziativa dei cittadini e in sinergia con le Istituzioni locali, sulla base del principio di sussidiarietà. Con una difficoltà in più: l’attesa della ricostruzione che non può più essere inerzia nel ritessere le fila della comunità dispersa. La cooperativa presenterà il suo progetto il 17 dicembre alle 10.30 presso l’Auditorium della Laga di Amatrice.
“Noi abbiamo messo insieme le diverse anime della comunità, giovani e meno giovani, per garantire la riterritorializzazione attraverso la valorizzazione delle risorse ambientali e culturali di queste zone che si stendono tra il Parco del Gran Sasso e i vicini Sibillini e hanno nella transumanza, patrimonio immateriale Unesco, e nella gastronomia il loro segno distintivo” racconta il presidente della coop. Armando Nanni. Un polo culturale dedicato alla transumanza e alla civiltà del cibo, un distretto escursionistico per l’Alto Lazio e un museo della biodiversità e della educazione ambientale sono solo alcune delle iniziative studiate per Accumoli e Amatrice dalla cooperativa fatta da semplici cittadini che desiderano riappropriarsi del loro paese. Ma è sin da ora chiaro che Radici e ali diversificherà le attività, conservando anche quelle di assistenza agli anziani già in essere, per preservare tutte le iniziative preesistenti e soddisfare bisogni diversi.
“Il nostro è un vero cantiere dell’immaginario parallelo a quello che sta ricostruendo lentamente e con le gru i luoghi” spiega Nanni, uno dei quattro a non essere residente tra i 14 soci. Ex insegnante di educazione fisica, la sua casa non sarà ricostruita più ad Accumoli ma nella vicina Fonte del campo. Oggi ha scelto di accettare la sfida della cooperativa di comunità “perché riesce ad avere questo radicamento che è fiducia- dice-. Vogliamo andare oltre la rassegnazione unendo pubblico e privato, mettendo insieme amministrazioni, istituzioni, privati cittadini e aziende; tutti soggetti spesso slegati, con iniziative che possono diventare sinergiche-commenta-. Vogliamo rimanere perché qui ci sono le nostre radici a cui bisogna mettere le ali”. “Le migliori esperienze di rigenerazione territoriale in atto nell’Appennino, anche dopo il Covid, mostrano che si possono costruire cantieri capaci di agire da acceleratori dello sviluppo sociale ed economico intrecciando i temi come la cultura, la salute, i piccoli servizi locali, la formazione e l’accesso alle nuove tecnologie, il sostegno alle microeconomie, il turismo” dice convinto Nanni.
Le risorse sul territorio sono tante: “Una cosa che non è riuscita a fare il terremoto è cancellarle- ricorda Massimo Pelosi, responsabile Legacoop Distretto Lazio Nord, che ha seguito il progetto dall’ideazione all’atto di costituzione notarile-. Manca una sola cosa: la presenza sul territorio ma per il resto c’è una forte identità e tanta ricchezza culturale e enogastronomica che deriva dalla cultura pastorale. Basti pensare alla gricia e all’amatriciana, patrimonio di questo territorio”. Anche se la ricostruzione rimane l’aspirazione più grande per la gente che appartiene a questi luoghi, sono il contrasto allo spopolamento, la riaggregazione della comunità e il rafforzamento dell’identità collettiva a costituire la sfida più grande. Per questo occorrono iniziative capaci di andare in questa direzione. “Dobbiamo ricostruire per coloro che ci sono ma anche per coloro che verranno- spiega Pelosi-. Il problema delle strutture materiali e fisiche non c’è perché ci sono le risorse. Ma qui c’è bisogno di ricostruire delle reti sociali. Ecco a cosa puntiamo come sistema cooperativistico. Perché è stata ricostruita una scuola bellissima ma è chiusa perché ci sono pochi bambini”.
Per questo lavorare solo su un Comune sarebbe stato riduttivo e forse poco proficuo. “L’obiettivo è lavorare e progettare insieme. Il terremoto ha guardato al territorio tutto, senza considerare i confini. Noi dobbiamo ricostruire una zona, i Comuni devono unirsi: per questo quando mi è stata proposta la cooperativa di comunità ho pensato fosse lo strumento giusto” racconta Franca D’Angeli sindaca di Accumoli. “Per noi che abbiamo subito quella tragedia è difficile metterci insieme- aggiunge-. Le case saranno ricostruite con tempi lunghissimi, molti non riusciranno a rivederle. Ci sarà da aspettare. Il problema è la comunità ma unendosi, seppur con tante difficoltà, i Comuni alla fine diventeranno una sola comunità e le persone ricominceranno a riavvicinarsi”. La ricostruzione procede lentamente e sono state riconsegnate pochissime case. “Noi siamo un’area interna. I giovani se ne vanno, rimangono gli anziani. Molte famiglie sono andate via e non so se torneranno perché hanno bambini- spiega la sindaca-. Ipotizzare un futuro in queste zone è difficile, anche se sono incontaminate e si vive bene. Con la cooperativa di comunità abbiamo questa ambizione: immagino tante microeconomie, agricoltura, turismo e magari qualche piccola attività industriale che, unite, possano dare possibilità a famiglie con bambini e ragazzi”.
“I progetti di partenariato pubblico-privato cooperativo, nel quadro della misura B2.2, sono una fondamentale chiave di accesso e opportunità da cogliere al meglio. Noi come Amministrazione ci siamo attivati, partecipando al bando, e la cooperativa di comunità tra le persone di Amatrice e Accumoli rappresenta un importante passo in avanti in questa direzione” aggiunge il sindaco di Amatrice Giorgio Cortellesi. Con questa operazione, per la prima volta, si radunano attorno a una iniziativa collettiva più Comuni: al momento Accumoli e Amatrice ma ben presto in qualità di partner anche i vicini Comuni di Leonessa, Posta, Cittareale, Borbona. “Perché cos’altro è la cooperativa di comunità se non espressione concreta dell’articolo 118 della Costituzione?” sottolinea Mauro Iengo, presidente di Legacoop Lazio, rintracciando nel principio di sussidiarietà la base giuridica sulla quale si fondano le cooperative di comunità, ideate da Legacoop e presenti oggi in tutta Italia. “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di solidarietà” recita l’articolo che chiarisce il ruolo delle Istituzioni relativamente alle cooperative di comunità. “Fondamentale deve rimanere il protagonismo dei cittadini, anche se è compito delle Istituzioni favorirne l’iniziativa” ha dichiarato Iengo. “Da oggi il territorio di Amatrice e Accumoli hanno un nuovo strumento a loro disposizione per la rigenerazione del loro territorio, Legacoop continuerà a sostenere queste realtà nel loro processo di crescita, cercando di creare le condizioni per una messa in rete di tutte le cooperative di comunità operanti sui Sibillini e nell’area del cratere” ha concluso Paolo Scaramuccia, responsabile cooperative di comunità Legacoop Nazionale.
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