(r.l.) È stata pubblicata la raccolta di poesie “Il tempo che non saluta” (Altromondo Editore) raccolta di poesie del reatino Michele Pasquini. Classe 1998, Pasquini ama l’arte dello scrivere in rima e l’arte della lotta, le arti marziali miste, o Mma. Due “anime artistiche”, entrambe votate al medesimo scopo: combattere. Nelle Mma aspira a diventare un professionista. Dall’altro lato c’è la poesia, una “donna” la definisce lui, una musa, una valvola di sfogo, si legge nella bio che accompagna il suo libro (qui i dettagli). La sua vita è stata travagliata dall’esistenzialismo, fattore che lo ha portato a guardare il mondo con altri colori, spesso cupi; la poesia è stata il primo vero pennello con il quale ha iniziato a colorare il suo vuoto.
“Ho scritto molte poesie, il 2017 è stato l’anno in cui sono stato rapito da quest’arte misteriosa, fatta di versi e parole. Il motivo è stato la necessità di comprendere il caos che mi ero creato – dice Pasquini a RietiLife – Premetto che io non ho mai seguito corsi di scrittura, mai partecipato a eventi di poesia, di fatto non so come si scriva una poesia in modo ’accademico’. Piuttosto preferisco scrivere quello che mi passa per la testa, qualsiasi cosa. Mi piace associare la poesia alla libertà di parola nella sua forma più pura. Stai lì e parli di qualcosa, ti bastano due parole per esprimere tutta la potenza di un pensiero, e poi scaricarla come un “jab” sul foglio bianco. Puoi raccontare una storia, una giornata, un evento con due versi; questo è ciò che mi piace della poesia, questa è il suo ‘superpotere’ se vogliamo”.
Lo sport, come la scrittura, sono centrali nella vita del 24enne: “Quando non scrivo cosa faccio? Combatto. Mi alleno, duramente. Questa è la mia vocazione più veemente, quella più ancestrale se vogliamo. Viene prima della poesia in ordine cronologico. Qualcuno definisce il mio modo di combattere ‘molto istintivo’. Con la poesia è un po’ la stessa cosa. Se dovessi trovare un’analogia tra queste due forme di arte, una è senz’altro questa. L’istinto nel combattere; Combattere con le parole e con i fatti nel senso più letterale. Ma non credo che l’istinto sia tutto, anzi, a volte credo che mostri le debolezze più nascoste di un uomo. Quindi credo sia anche sbagliato, in parte, esaltarlo” aggiunge Pasquini.
“La poesia è stata più una conseguenza per me – continua il reatino – venivo fuori da un periodo travagliato, dove l’isolamento rappresentava il giusto spazio per comprendere i miei demoni, o almeno così credevo. Mi arricchivo dentro, leggevo molto, cosa per me abbastanza anomala in quel periodo. Ricercavo le filosofie nelle opere più complesse, da quelle orientali a quelle più crude e realistiche dell’occidente, da Nietzsche a Schopenhauer per esempio. Intanto però il mondo andava avanti, e l’allenamento era l’unico momento che avevo per non pensare alla ricerca infinita di qualcosa che forse non è mai esistito. Ho accennato prima al fatto che non avessi mai seguito corsi di scrittura e di poesia, bene, questo è vero, ma posso dire senza scrupolo di aver avuto degli esempi da seguire. Sto parlando di Charles Bukowski in particolar modo. Molti lo conoscono, e credo che lui sia uno di quegli autori che, o ami alla follia o odi maledettamente. Vi assicuro che nei momenti di smarrimento diventa un buon compagno di lettura… e di bevute. Per alcuni versi potrei definirlo una ‘musa sbronza’ che mi reggeva il filo da seguire; l’ibrido perfetto tra un saggio, un poeta e un comico. La poesia è un faro, una luce viva che splende dentro e ti scalda quando è freddo. Non imprigionate la poesia, bensì liberatela come meglio potete. Esprimetevi nella vita, seguite le vostre passioni, seguite i sogni, seguite ciò che vi fa stare bene. Anche questo per me è poesia” conclude Pasquini.
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