Da settembre 2021 ad oggi le micro e piccole imprese hanno pagato per l’energia elettrica 21,1 miliardi in più rispetto all’anno precedente. Una batosta senza precedenti che rischia di ingigantirsi ulteriormente: se nei prossimi quattro mesi i prezzi dell’elettricità non diminuiranno, i maggiori costi per i piccoli imprenditori saliranno nel 2022 a 42,2 miliardi in più rispetto al 2021.
L’allarme arriva da Confartigianato, che ha calcolato l’impatto sulle MPI della crisi energetica e dell’impennata dei prezzi del gas.
Nel dettaglio, la rilevazione di Confartigianato mette in evidenza che gli aumenti del prezzo dell’energia per le piccole aziende con consumi fino a 2000 MWh si traduce in un maggiore costo, tra settembre 2021 e agosto 2022, di 21,1 miliardi di euro rispetto ai dodici mesi precedenti, pari al 5,4% del valore aggiunto creato dalle MPI.
A livello territoriale, sono nove le regioni in cui il boom dei costi dell’elettricità per le MPI supera il miliardo di euro. I maggiori oneri, 4,3 miliardi, li hanno subiti gli imprenditori della Lombardia, seguiti da quelli del Veneto con 2,1 miliardi, dell’Emilia-Romagna (1,9 miliardi), del Lazio (1,7 miliardi), della Campania (1,6 miliardi), del Piemonte (1,6 miliardi), della Toscana (1,6 miliardi), della Sicilia (1,2 miliardi) e della Puglia (1,1 miliardi).
I settori più colpiti sono quelli di vetro, ceramica, cemento, carta, metallurgia, chimica, tessile, gomma e plastica e alimentare.
“I prezzi del gas alle stelle rischiano di far fallire migliaia di imprese anche nell’artigianato. Le nostre aziende – spiega Franco Lodovici, Presidente di Confartigianato Imprese Rieti – negli ultimi dodici mesi, hanno subito rincari che sfiorano il 500%. Finora gli imprenditori hanno resistito, ma se la corsa del prezzo del gas non si fermerà, le bollette in autunno saranno insostenibili. Diversi imprenditori hanno già dichiarato l’intenzione di interrompere o ridurre la produzione, piuttosto che lavorare in perdita. Nei prossimi mesi rischiamo un’escalation dei casi di lockdown energetico da parte degli artigiani e delle piccole imprese italiane”.
C’è poi l’altra faccia della medaglia: accanto alla realtà delle migliaia di imprese a rischio chiusura per i rincari energetici, ci sono aziende che, “sfruttando” questa congiuntura così negativa, hanno registrato fatturati da capogiro. È il caso delle imprese energetiche presenti in Italia che, nei primi 5 mesi di quest’anno hanno visto aumentare i ricavi, rispetto allo stesso periodo del 2021, del 60%. Stiamo parlando di attività industriali estrattive di materie prime energetiche (come il petrolio, il gas naturale, etc.) e dell’industria della raffinazione. Nessun accanimento fiscale, però, anche per una questione di solidarietà e di giustizia sociale, queste realtà dovrebbero versare almeno quanto imposto dallo Stato con una legge per “aiutare” economicamente le famiglie e le imprese più in difficoltà. Invece, le grandi imprese energetiche si sono guardate bene dal farlo. Almeno con la prima scadenza dello scorso 30 giugno. Ricordiamo che con il decreto Aiuti le imprese energetiche sono state obbligate ad applicare un’aliquota del 25% sugli extraprofitti ottenuti grazie all’aumento dei prezzi di gas e petrolio. Dei 4,2 miliardi di euro attesi con la prima rata, lo Stato ha incassato poco meno di 1 miliardo. Se la nuova norma per recuperare queste mancate entrate inserita nel decreto Aiuti bis non dovesse avere effetto, l’erario potrebbe perdere quest’anno oltre 9 miliardi dei 10,5 previsti con l’introduzione di questa tassazione sugli extraprofitti. Certo, di fronte agli aumenti registrati in questi ultimi giorni, 9 miliardi di euro farebbero ben poco per calmierare i costi delle bollette di famiglie e imprese. Tuttavia, è una questione che mette a repentaglio la nostra coesione sociale: in un momento di difficoltà come questo, chi ha di più deve aiutare chi sta peggio.
“Non c’è tempo da perdere – commenta il Direttore di Confartigianato Imprese Rieti, Maurizio Aluffi – non possiamo affrontare l’autunno e l’inverno con il rischio che il caro bolletta ci porti verso una nuova recessione, dopo le fatiche che il sistema produttivo ha fatto e sta ancora facendo per cercare di rimanere aperto. Il caro energia è la priorità da affrontare subito e deve rimanere in testa all’agenda di impegni del prossimo Governo. Immediatamente devono essere confermate e potenziate le misure già attivate da questo Esecutivo. Quindi azzeramento degli oneri generali di sistema per luce e gas, proroga del credito di imposta sui costi di elettricità e gas per le imprese non energivore e non gasivore. E va fissato un tetto europeo al prezzo del gas. Imprescindibile poi una riforma della tassazione dell’energia che oggi tocca il 51% della bolletta e che penalizza con maggiori oneri proprio le piccole imprese che consumano meno, in barba al principio secondo cui chi inquina paga”.
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