Foto: Riccardo FABI ©
(di Christian Diociaiuti) Quando Amatrice reclamava che rimanesse, per Domenico Pompili la Santa Sede aveva già deciso. “Inviato a Verona, notizia top secret” le parole del Nunzio. Sono stati 15 giorni difficili per il vescovo di Rieti, che qui dal 2015 ne ha vissute di ogni, dal sisma alla pandemia, “perfino una alluvione” fino ad arrivare alle gioie, della Processione di Sant’Antonio (domani l’ultima) alla devozione per Santa Barbara, il Presepe, San Francesco e il Francesco terreno, Papa Bergoglio.
Proprio il Santo Padre gli ha detto: “Vai Domenico, vai a Verona“. Glielo ha detto quando cadeva la ricorrenza della morte di Monsignor Carraro, a cui Bergoglio era particolarmente legato. Piange Domenico Pompili, cinque volte interrotto o rallentato nelle parole ai suoi fedeli, che stavolta sgorgano meno facilmente da una bocca e una testa che di parole – confortanti, ammonenti, guida – non sono mai state avare. “È venuto alla luce un legame forte, tenace che mi toglie il respiro” dice mentre una lacrima gli riga il viso, per sottolineare che in questi giorni – al diffondersi della notizia – le attestazioni di stima non sono mancate. Dai fedeli, dalle istituzioni, dalla città e non solo.
Domenico Pompili ha nel destino una sfavillante carriera con vista su Roma centro, zona Vaticano. Rieti e ora Verona sono il suo trampolino. Certamente una promozione per lui, che sperava – tra le tante voci di trasferimento arrivate negli anni – di non “lasciare la mia terra, di andare così lontano dai miei genitori”. “Sono arrivato che il centro viveva i lavori dei Plus (era il 2015, ndr), ora molto è cambiato”. Il sisma, il Presepe, la vita dei reatini: Pompili se ne è occupato non come il don bigotto di provincia, ma come il papà comprensivo, dotto, fermo, amorevole. Lo hanno aiutato i suoi immani contatti, non ultimo il vice di Pietro più volte nel Reatino, e la sua immensa cultura. Decisivi anche in quel che non si vedeva e oltre le strutture e gli eventi tangibili. La sua eredità è pesante, non si può tornare indietro adesso in un momento decisivo per il territorio. Sarebbe una retrocessione per Rieti. Religiosa, politica. “Non siamo fatti con lo stampino, ma spero arrivi presto un nuovo vescovo, magari in questo periodo in cui io sarò qui in attesa di andare a Verona, presumibilmente a settembre. Non scappo di notte” ha detto Pompili.
Il toto-vescovo è iniziato: un reatino? Un giovane? Un esperto? Un neo eletto? Un progressista? Un conservatore? Il Papa presto dirà, descrivendo anche il destino delle Diocesi di Rieti e Poggio Mirteto. “Dio non turba mai la gioia dei suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e maggiore“: le parole di Manzoni sono l’augurio per Pompili e per la città.
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LE PAROLE DI POMPILI
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La lettera del Nunzio porta la data del 20 giugno. Quel giorno sono stato chiamato a Roma. Ed informato che il papa mi nominava vescovo di Verona. Avevo in questi anni avuto sentore di qualche spostamento, ma poi tutto era sempre rientrato. Consideravo che così sarebbe stato ancora a lungo.
Oggi, anzi da qualche giorno, sono dentro una tempesta emotiva, sopraffatto dalle tantissime persone che mi hanno svelato il loro affetto e la loro amicizia. Non che non avvertissi prima questa energia fatta di vicinanza e di simpatia, ma era come dissolta nel quotidiano andirivieni e non ci si faceva caso. In queste ore, vinte le inibizioni e la riservatezza, è venuto alla luce un legame forte, tenace che mi toglie il respiro.
Se avessi scelto non sarei andato a finire così lontano da qui, dalla mia terra, dai miei genitori. Ma so che la “chiamata” è sempre una novità che non si può preventivare. Nel Vangelo di oggi sono riportate queste parole: “Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano”. La novità è soltanto Gesù Cristo che da questa Cattedrale dove sono stato ordinato vescovo ha annunciato in questi sette intensi anni. È soltanto Gesù la novità che fa saltare il banco delle consuetudini, dei pregiudizi, delle ovvietà. Si dice solitamente che a Rieti non succede mai niente. È successo di tutto in questi sette intensissimi anni: terremoto, pandemia, alluvione, crisi economica e sociale. E siamo stati insieme. “Fides” significa “legame” che per quanto invisibile è indistruttibile. Non mi viene da pensare che si allenterà o si distruggerà, ma si affinerà e si approfondirà. Questo è il mio augurio. Non senza aver detto grazie a tutti. E scusa a chi posso aver contristato.
Non scappo di notte. Perciò avremo tutto il tempo di stare insieme fino all’inizio del ministero a Verona. Verosimilmente in settembre. Resterò vescovo di Rieti fino ad allora. Intanto pregate voi per me e io per voi, così che quel che è stato seminato porti frutto, sotto la guida di un altro pastore. Per fortuna il pastore buono delle pecore che è Gesù non passa né cambia.