“Siamo esseri umani e non codici”: flash mob dell’Appennino contro la sorveglianza digitale

Nel giorno delle cerimonie per la Festa della Repubblica, cittadini italiani di diverse città lungo l’appennino laziale-marchigiano, hanno organizzato un flash mob per richiamare l’attenzione sul pericolo della sorveglianza e del controllo digitale. Lanciato da Rieti, il flash mob è stato accolto e condiviso da altre città: Rieti, Pesaro, Ancona, Fano, Ascoli Piceno, Fossombrone si sono unite e alle ore 18 del 2 giugno in contemporanea nei propri vicoli e piazze cittadine hanno manifestato con una maglia, portatrice di un messaggio chiaro: “ Siamo essere umani e non codici”. I gruppi all’unisono, lontani fisicamente ma vicini nell’obiettivo, hanno indossato la maglia e con coreografie diverse, hanno attratto inevitabilmente l’attenzione dei passanti sul tema.

Il gruppo reatino creatosi lo scorso ottobre contro l’uso ricattatorio del green pass, torna a manifestare insieme ai “cugini delle Marche”, passando per piazza Vittori, piazza San Rufo e piazza Cavour, perché purtroppo il green pass cede il suo posto all’ID Pay, la piattaforma per l’erogazione di tutti i benefici sociali voluta dal Ministro Colao. Una transizione che prende spunto dall’organizzazione cinese che in diverse città sta sperimentando il sistema di “credito sociale”. Una sorta di patente a punti che premia o sanziona i cittadini in base ai comportamenti: non solo la capacità di onorare debiti e pagamenti, ma anche acquisti e abitudini personali, fare bene la raccolta differenziata o diffondere opinioni contro il governo. In altri termini la tessera verde non è finita a giugno e con grande disinteresse verso l’art 12 sulla privacy, il Governo sostiene un uso spropositato e pericoloso della tecnologia per una sorveglianza e un controllo digitale degli esseri umani che è intollerabile.

La tecnologia ormai monopolizza tutto e domina anche i nostri movimenti, sorvegliandoci a distanza per scopi che non conosciamo. Sembra incredibile ma è già realtà la tessera a punti cinese, capace di premiare e sanzionare i cittadini su basi comportamentali. E una volta con l’emergenza del terrorismo, un’altra con quella della pandemia, ci convinciamo che è necessario subire una nuova stretta di controllo digitale in cambio di più sicurezza. Quanto tempo passerà prima che ci abitueremo a vedere anche nelle nostre strade i cani-poliziotto robot intenti a fare rispettare il distanziamento sociale (sono realtà a Singapore) o ad essere sorvolati da droni in missione di controllo? Stiamo regalando a soggetti pubblici e privati informazioni complete su spostamenti, abitudini, consumi, vizi e opinioni.

Questi usi della tecnologia non sono neutri, sono potenzialmente molto pericolosi. La tecnologia deve essere posta al servizio dell’umanità non al controllo, non per sorvegliare e punire i cittadini. L’epistemologo Jean Lassègue e il magistrato Antoine Garapon hanno affermato che stiamo galoppando verso democrazie governate dagli algoritmi. Oggi ci troviamo in una situazione simile a quella dell’Antichità e siamo obbligati a dipendere, per tutte le nostre interazioni sociali, da scribi-informatici al servizio dei potenti. Se l’etica è declinabile come “rispetto dell’essere umano” in tutte le forme e in tutti gli ambiti, ciò vale anche come “rispetto dei suoi dati personali”. Può l’algoritmo, la regola della programmazione tecnologica, invadere il nostro mondo, la nostra vita intima, le nostre abitudini e comportamenti? I gruppi di protesta e resistenza popolare continueranno un’opposizione verso tutto ciò che minaccia i diritti universali dell’essere umano.

Foto: RietiLife ©

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