Foto: Riccardo FABI ©
(di Martina Grillotti) Ha registrato il tutto esaurito la prima lezione magistrale di Vittorio Sgarbi all’Auditorium di Santa Scolastica a Rieti. Tema: il Carro di Eretum, mostra curata dalla Fondazione Varrone visitabile a Palazzo Dosi: “Splendida – è stato il primo commento a caldo di Sgarbi, dopo una breve visita alla mostra – dal vivo è davvero meravigliosa, è un argomento di eccezionale importanza quello del Carro di Eretum, ma soprattutto di eccezionale rarità. Avevo documenti che ne parlavano, ma vederla dal vivo è qualcosa di inspiegabile. Vedere la mostra è stato un momento importante anche se breve. Fino ad oggi il Carro di Eretum – ha confessato Sgarbi – mi era sconosciuto, ma è stato interessante vederla, certamente, anche se non sono un conoscitore dell’archeologia, tuttalpiù un appassionato. Ho visto cose che andavano ben oltre le aspettative”.
Ha fatto seguito alla visita, la lezione magistrale di Sgarbi di fronte a 100 spettatori. Un viaggio non solo nell’arte ma nella storia, nella filosofia e nell’archeologia. Si è potuti andare indietro nel tempo, a metà tra spettacolo teatrale e conferenza, fino al VII secolo avanti Cristo. Il celebre critico ha guidato gli spettatori alla scoperta della bellezza del Carro Sabino che, lo ricordiamo, è stato restituito all’Italia dalla Danimarca dopo lunghi anni. Oltre al Carro, la mostra di Palazzo Dosi offre una rilettura anche dei preziosi reperti della Tomba XI di Colle del Forno. Anche sulla lettura di questi si è concentrato lo sguardo e la spiegazione di Sgarbi: “È un dialogo dei vivi con i morti, morti di civiltà che non possiamo capire ma che tentiamo di capire attraverso i resti”. Sgarbi ha inoltre spiegato che la tomba sarebbe stata creata originariamente per un personaggio femminile di alto lignaggio, esistita due generazioni prima riguardo al principe titolare dei carri. Le componenti del suo corredo mostrano come sia stata onorata attraverso manufatti considerevoli, distintivi di sepolture femminili: “Le lamine viste oggi – ha commentato Sgarbi – hanno una qualità artistica di un valore incredibile e straordinario”.
Sgarbi ha ragionato sull’idea della morte e della profanazione di tombe: “Con il mondo dell’archeologia ho poco a che fare ma ho potuto ammirare la qualità altissima degli oggetti ritrovati qui nel territorio Reatino. Certo, negli archeologi c’è una sorta di amore per la morte, è come se avessero profanato una tomba, ed effettivamente è ciò che hanno fatto ma quel gesto clandestino ha aperto una rotta e ci consente oggi di parlare di questi oggetti. Dispiace che solo oggi io abbia visto questi oggetti sublimi che in qualche modo mi hanno fatto tornare a pensare all’idea della profanazione come una cosa positiva perché quel principe, oggi, davanti ai miei occhi era vivo, era come se fosse vivo e dubito che quel principe avrebbe mai sperato di poter arrivare al 2021 ed essere qui oggi”.
“Quello che mi ha colpito fino a commuovermi – ha confessato Sgarbi al pubblico dell’auditorium di Santa Scolastica – è stata l’affinità profonda che ho sentito, non determinata da conoscenza ma dall’istinto, con uno scultore recente, morto negli Anni ’80. Mentre guardavo le lamine ho pensato a quanto il passato sia tanto vicino a noi”. Si è passati poi all’esame degli scudi, che “si intuisce non fossero usati per difendersi, ma per celebrare la grandezza del regno”. Ma non tutto è opera d’arte secondo il critico “alcune opere sono artigianato, certo di altissimo livello, ma non è arte”. La lezione si è chiusa con un “Onore a Rieti e a chi ha concepito la mostra, queste sale potrebbero essere al Louvre. Oggi ho provato un’emozione straordinaria, grazie alla Fondazione Varrone. Qui a Rieti c’è una parte essenziale dello spirito del mondo” tra gli scroscianti applausi del pubblico che hanno accompagnato Sgarbi sino all’uscita. Sgarbi tornerà il 23 per la mostra su Amatrice e Accumoli.