“Sono 312 gli infortuni Covid sul lavoro nella provincia di Rieti. Da inizio pandemia al 30 giugno scorso, le denunce di questa specifica tipologia di infortunio professionale hanno interessato 244 lavoratrici e 88 lavoratori del nostro territorio”. I numeri emergono dall’approfondimento che la Uil di Rieti e della Sabina Romana ha realizzato elaborando i dati Inail.
“Spulciando tra i dati – spiega Alberto Paolucci, Segretario della Uil di Rieti e della Sabina romana – si scopre che la fascia di età più esposta al contagio sul lavoro è stata quella tra i 50 e i 64 anni con 156 infezioni, a seguire con 116 contagi troviamo la classe di età tra i 35 e i 49 anni. Meno colpiti invece gli over 64 e gli under 34, rispettivamente con 5 e 35 segnalazioni all’Inail”.
Dal focus della Uil emerge poi il mese più critico per infezioni di origine professionale: da questo punto di vista, novembre 2020 resta il più problematico per la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori. Seguono poi ottobre e dicembre 2020. Questi tre mesi – nei quali si era sviluppata la seconda ondata pandemica – compongono la punta del picco dei contagi, che poi, anche se molto lentamente, prendono una direzione discendente. Ma in tutto il Lazio, nel penultimo mese del terribile 2020, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro ha registrato il 21,9% di tutte le infezioni di origine professionale avvenute dall’inizio dell’emergenza Covid, che al 30 giugno scorso hanno raggiunto la cifra di 11651. Complessivamente invece sono state 72 le segnalazioni sfociate nell’irreparabile, con 54 morti a Roma, 11 a Frosinone, 4 a Latina, 2 a Viterbo, 1 a Rieti. “In cima alle professioni più colpite dal contagio Covid c’è il personale sanitario e socio assistenziale, segue quello sociosanitario, i medici e il personale ausiliario – afferma l’esponente sindacale reatino – Anche se l’effetto delle vaccinazioni che ha interessato prioritariamente il comparto della sanità si è fatto sentire, visto che negli ultimi cinque mesi i casi codificati in questo settore sono scesi a livelli ancor più bassi dell’estate 2020”.
“Stiamo parlando di dati – conclude Paolucci – che accendono i riflettori su una parte degli infortuni e che non contemplano le categorie dei lavoratori privi di assicurazione. E ancor di più, sono numeri da aggiungere alle tante, troppe morti sul lavoro, che avvengono da nord a sud del Paese: 538 da gennaio a giugno. Cinquantacinque solo nel Lazio, dieci in più rispetto allo scorso anno, quando per effetto del lockdown le persone uscite di casa per lavorare e che a casa non sono rientrate erano state 45. Per questo la Uil, dai vertici fino alle camere sindacali locali, è impegnata senza sosta nella battaglia di civiltà che chiede al governo #ZeroMortiSulLavoro“.
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