Non si arresta il botta e risposta tra Roberto Lorenzetti, ex numero uno di Sabina Universitas e Fondazione Varrone, che ha annunciato una conferenza stampa per lunedì.
“Ringrazio anche io il presidente D’Onofrio e la Fondazione Varrone dove ho vissuto una esperienza sicuramente positiva. Siamo andati d’accordo su tutto tranne che sull’Università sulla quale abbiamo opinioni divergenti fin da quando entrambi eravamo in Consiglio d’indirizzo. Ce ne faremo entrambi una ragione. Fa in ogni caso piacere leggere il sostegno della Fondazione Varrone riguardo alla Sabina Universitas con la necessità di far chiarezza sulla gestione e cercando di potenziare l’offerta formativa. Non erano forse le cose che stavamo facendo come Cda?” dice Lorenzetti in una nota.
“Ciò dicendo spero che il presidente D’Onofrio si renda conto che di fatto è diventato prigioniero delle sue stesse provocazioni. Con una giravolta a 180 gradi è riuscito a passare dalla Sabina Universitas inutile e costosa, alla Sabina Universitas necessaria ma che costa troppo poco, tanto da richiedere l’aumento del suo bilancio di 200.000 euro. Spero che si renda conto che da questa posizione non è che possa più tornare indietro. Quindi la Sabina Universitas c’è e resta, almeno fino a quando non si sarà trovata un’altra formula. Almeno a questo le mie dimissioni sono servite. I corsi di laurea per i prossimi anni saranno garantiti dalla Sabina Universitas. Certo d’Onofrio dovrebbe anche spiegare perché in questo rinnovato amore verso la Sabina Universitas è andato a cercare l’università di Perugia per organizzare a quanto pare ad agosto un fondamentale corso sembra sull’alimentazione ovina presso la sede della Fondazione, visto che dentro la Sabina Univerisitas è presente il corso di laurea in Scienze della montagna che di fatto fa capo alla facoltà di agraria di Viterbo” attacca Lorenzetti.
“Aldilà di questo credo che una riflessione seria sull’università a Rieti si imponga a cominciare da un primo punto. Ma quante università ci sono a Rieti? 1 – La prima è sicuramente la Sabina Universitas, 850 studenti che seguono i corsi di medicina, di ingegneria e Scienze della Montagna, i primi due curati dalla Sapienza mentre il terzo dalla Tuscia. Anche io penso che la formula del consorzio che gestisce la Sabina Universitas sia obsoleto e quindi da sostituire. Di certo non si può partire (come alcuni irresponsabilmente ritengono) con lo sfasciare quello che c’è in assenza di un progetto alternativo. 2- C’è poi il conservatorio di S. Cecilia, ospitato presso Villa Battistini a Contigliano, anche questo in condizioni economicamente critiche e che secondo me dovrebbe essere ricondotto all’interno della Sabina Universitas o di qualsivoglia altra formula che circoscriva la presenza universitaria a Rieti. 3 – C’è poi il progetto ben finanziato che sarà collocato presso il nucleo industriale del quale anche qui fa parte la Tuscia e che è stato presentato più volte in forme diverse dall’agricoltura digitale all’economia circolare, passando per un centro di studio sull’olio per utilizzare i fondi stanziati a suo tempo per l’ex Istituto Strampelli. In realtà sarà un centro di ricerca all’interno del quale la Tuscia dovrebbe istituire un corso specialistico di agraria, di fatto il proseguo di Scienze della Montagna interna alla Sabina Universitas. Personalmente non posso che augurarmi che ne venga fuori qualcosa di positivo e viste le risorse che si intendono mettere in campo tutto lo lascia presagire” chiarisce Lorenzetti.
“Sarebbe però da chiarire una contraddizione di non poco conto. La Tuscia tiene per il collo (metaforicamente si intende) la Sabina Universitas per il rientro dei suoi debiti. Debiti, è bene ricordarlo, contratti con il costo del corso a 120.000 euro, nell’ultimo periodo rimodulati a 40.000, ma con il debito calcolato con i corsi a 120.000. La stessa Tuscia sta dentro il progetto del nucleo industriale dove guadagnerà una cifra ingente di denaro. Non sarebbe stato saggio far entrare la Tuscia tramite la Sabina Universitas dando respiro a quest’ultima ed evitando una discrasia alquanto incomprensibile? 4 – A questi si aggiunge l’iniziativa solitaria della Fondazione Varrone con l’università di Perugia. Sembrerebbe una aggiunta formativa. In realtà, un tentativo di infliggere una ulteriore picconata alla Sabina Universitas cercando di dimostrare che la Fondazione da sola fa meglio di tutti gli altri messi insieme, insomma una sorta di ghe pensi mi de noantri indirizzato non si capisce bene a cosa. Sicuramente ad aumentare la confusione” aggiunge Lorenzetti.
“Insomma la situazione universitaria reatina è attualmente un bel pasticcio tra difficoltà economiche, fughe in avanti e improvvisazioni, che necessità di essere velocemente messo in ordine con un progetto unitario. Un dibattito serio non può che partire dal far chiarezza su questi punti. Io non ho più alcun titolo per parteciparvi, ma in tutta sincerità spero proprio che si faccia e se con le mie dimissioni ho contribuito a stimolarlo, ne sono enormemente soddisfatto. Da questo punto ritengo di non dover più intervenire su questa questione” conclude Lorenzetti.
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