Riceviamo e pubblichiamo.
Venerdì 7 maggio. Consueta passeggiata delle 18:30 con la mia fidanzata e lui, immancabile, il nostro cagnolino che ci segue ovunque. Nel tragitto di ritorno sulla ciclabile di via Votone sentiamo uno strano verso, pensiamo a un uccello acquatico lì del fiume, ma è più un lamento. Mi addentro nell’erba alta e subito l’amara sorpresa. Cuccioli di cane, hanno una settimana al più. Due sono già morti, il terzo piange. Ha il musetto e il naso insanguinati. Lo volto appena e inizia a emettere un lamento ancor più forte, straziante. Come se non bastasse è zuppo e a rischio ipotermia, decido quindi di sacrificare il mio piumino smanicato. Iniziamo una serie di telefonate, aiutarlo è impossibile. Il canile non può accoglierlo, troppo piccolo e non c’è il personale per situazioni simili. L’associazione volontari, anche loro sono al completo e le cucciolate da assistere troppe. Il veterinario di turno mi spiega che è impossibile intervenire, troppo piccolo e con il quadro che gli descrivo mi spiega che è spacciato. Secondo me le associazioni di volontari e il canile comunale fanno il possibile e anche di più. Non sono arrabbiato con loro perché non ci hanno potuto aiutare. Ce lo portiamo a casa e tentiamo il possibile, perché lasciarlo morire lì di stenti è da insensibili. Invece le uniche persone insensibili sono quelli che ancora oggi come “rimedio” chiudono le cucciolate in un sacchetto e lì gettano via. L’autore del gesto sarà forse anche un padre o un nonno. Una donna non ce la vedo, ma magari sono ingenuo io. Il mio invito di sensibilizzazione voglio farlo ai ragazzi, alle bambine, ai giovani. Parlate ai vostri nonni e ai genitori. Spiegate loro che un cagnolino non vive felice legato a una catena. Che buttare via dei cuccioli non è un comportamento né umano né animale. Nel secondo anno di pandemia, in cui il mondo piange le sue vittime come caduti in guerra e con il caldo riprendono i viaggi della speranza con centinaia di morti in mare, l’esistenza di un cucciolo di cane è poca cosa. Insegniamo alle nuove generazioni a non cresce coi difetti di quelle precedenti e puntiamo su loro per educare gli adulti che non hanno avuto la stessa fortuna. Un lettore.
Foto: RietiLife ©