Nota del consigliere Andrea Sebastiani sulla diga del Turano.
Come spesso accade quando si verificano eventi annunciati di cui non ci si preoccupa prima ma sempre dopo, con le conseguenze in termini di disagi e di danni economicamente ingenti come quelli prodotti, in questi ultimi giorni, in seguito allo svuotamento del bacino del Lago Turano resosi necessario dopo l’innalzamento del livello di guardia.
Sul tema del ciclico ripetersi di eventi alluvionali come già accaduto nel 2000 e nel 2010, occorre soffermarsi su due elementi: il disciplinare del sistema idroelettrico redatto il 22 giugno 1950 che prevede, da un lato, gli obblighi per il concessionario (ERG), dall’altro i doveri in capo alle amministrazioni pubbliche per i compiti di vigilanza riguardanti il rispetto del disciplinare ma anche il controllo del territorio affinché non accadano più ovvero siano più possibile ridotti gli effetti dannosi sul territorio che la gestione di un così grande bacino idrico può generare.
Le zone che primariamente sono coinvolte dalle piene dovute ad improvvisi rilasci idrici, a seconda delle eventuali aperture delle dighe, sono la valle del Salto, quella del Turano e, come abbiamo purtroppo avuto modo di sperimentare ultimamente, la Piana Reatina. E’ il disciplinare in questi casi a chiarire che il gestore idrico, al fine di evitare esondazioni, deve obbligatoriamente:
- costruire le necessarie arginature nei tratti del Velino nei punti in cui le arginature esistenti non possono reggere la naturale portata dell’acqua incrementata dall’eventuale aumento;
- costruire eventuali rivestimenti di sponda lungo il fiume Velino ovunque possano verificarsi smottamenti, frane o qualsiasi alterazione dello stato dei luoghi limitrofi alle sponde stesse;
- intervenire sulla funzionalità degli scarichi fognari della città di Rieti qualora la portata del fiume Velino portasse inconvenienti o peggioramenti nel funzionamento di detti scarichi.
- intervenire a proprie spese anche nei confronti degli enti proprietari delle strade (Ente Provincia e Comuni) laddove si riscontrassero scoscendimenti delle scarpate, per agevolare lo scolo e lo smaltimento delle acque meteoriche ed in generale al mantenimento di dette strade.
Di obblighi sono investiti anche il Comune e la Provincia di Rieti (che si è già attivata sotto l’attuale amministrazione). Il Comune ha, tra gli altri, sia l’obbligo di verificare l’invio dei dati sull’effettivo utilizzo degli impianti e del rispetto delle quote di invaso da parte del concessionario che quello di monitorare con il gestore le criticità che possono presentarsi nell’utilizzo idrico.
La Provincia, attualmente definita Ente di Area Vasta, dal canto suo tutela i Comuni che si affacciano su tutti i fiumi interessati da questa concessione e, in applicazione del Regio decreto 523/1904, Regio Decreto 368/1904, D. lgs. 112/98 e D.lgs 152/2006, ha sia la competenza di polizia idraulica che quella ambientale in ragione anche delle deleghe ad essa devolute dalla Regione Lazio dopo la Riforma Del Rio.
A tali competenze occorre aggiungere anche quella sulla pesca rientrante nel perimetro della competenza ambientale.
Quanto premesso ci consente E’ a tutti noto per averlo appreso dai giornali che, non appena l’attuale concessionario è stato investito da dichiarazioni che preannunciavano richieste di risarcimento provenienti anche da associazioni di categoria, sentendo puzza di bruciato, ha immediatamente messo le mani avanti difendendosi nell’unico modo possibile, ossia sostenendo che la necessità di scaricare l’invaso era la conseguenza di eventi imprevedibili di portata eccezionale. E che, per tale ragione quindi indipendenti dalle proprie responsabilità.
Ora è assolutamente necessario ricordare all’attuale concessionario ERG che questi ha l’obbligo di pagare alla Regione Lazio un canone c.d. concessorio a seguito del rilascio delle grandi derivazioni idriche da parte della stessa Regione. Si tratta di un balzello composto da due voci, la concessione vera e propria che è incassata dalla Regione e da questa trattenuta, ed un ulteriore importo pari al 10% del valore di quest’ultima che deve essere riversata dalla Regione alla Provincia di Rieti (sotto forma di addizionale provinciale), la quale, in aggiunta, ha anche il diritto di chiedere gli introiti del c.d. obbligo ittiogenico a tutti i concessionari di derivazione idrica, laddove questi ultimi non abbiano potuto consentire la libera circolazione e riproduzione delle specie ittiche autoctone.
Nessuna Amministrazione si è adoperata in tal senso. L’attuale, da qualche mese, ha iniziato uno studio per individuare un percorso giuridico amministrativo finalizzato al recupero dell’obbligo ittiogenico mai entrati nelle casse della Provincia di Rieti, nonostante la Giunta Melilli fosse venuta a conoscenza del problema e dei risvolti economici che la riscossione del canone stesso avrebbe avuto sui bilanci dell’Ente (Delibera di Consiglio Provinciale n° 46 del 2010).
Non a caso, in occasione dell’approvazione del bilancio previsionale per il triennio 2013-2015, l’Amministrazione dell’epoca inserì in bilancio la somma annua di € 650.952,00 quale introito dell’obbligo ittiogenico. Importi poi spariti come per magia dai bilanci previsionali degli anni successivi ed espunti nel consuntivo 2014 a seguito dei ricorsi promossi dai concessionari dinanzi al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche nei confronti della Provincia di Rieti.
In Provincia di Rieti sono attualmente attive ben 16 concessioni di grandi derivazioni idriche (superiori a 3.000 Kw/100 moduli) rilasciate dalla Regione Lazio ad altrettante società e mai nessuna di questa ha corrisposto agli obblighi previsti dalla legge.
Stesso discorso per quel che riguarda le piccole derivazioni idriche (fino a 3000 Kw/100 moduli) la cui competenza al rilascio è in capo all’Amministrazione Provinciale, se ne contano attualmente circa 30, soggiacenti anch’esse al pagamento dell’obbligo ittiogenico.
Alla luce di tutto ciò emerge con forza la necessità che tutti gli Enti coinvolti, le Istituzioni in primis, facciano fronte comune per intraprendere una battaglia dagli esiti certamente non scontati ma che va condotta con capacità e fermezza nell’esclusivo interesse del territorio che non più essere considerato la cenerentola della Regione Lazio e in perenne posizione di subalternità rispetto agli interessi romani.
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