(ch.pa. – Da RietiLife Free Press) “Le persone si preoccupano degli studenti?” A porsi l’interrogativo è Beatrice Colasanti, giovane studentessa del Liceo Scientifico Jucci di Rieti. L’oggetto del contendere, nemmeno a dirlo, la Dad. Il nuovo acronimo è entrato, ormai di diritto, nell’Olimpo delle parole più pronunciate del 2020, causa Covid19.
Anche se oggi gli si preferisce DDI (Didattica Digitale Integrata), i problemi rimangono gli stessi: “La notizia di una riapertura totale delle scuole ha riacceso in me un piccolo barlume di speranza, quella di poter tornare a rivivere le sensazioni di una normale giornata scolastica, a vedere nuovamente i volti dei miei compagni, pur se coperti da una mascherina, a scambiarsi gli sguardi fra un’ora e l’altra. Il regolamento era chiaro e rigido ma io ben disposta a seguirlo pur di non dover tornare dietro ad una webcam con un pigiama nascosto sotto la felpa”.
Niente gite e niente lezioni in presenza, di nuovo: “Ci hanno tolto silenziosamente tutto: lo studio costante e regolare, la nostra vita sociale, la sensazione di una normalità come se la colpa del graduale innalzamento della curva epidemiologia sia dovuto semplicemente a noi studenti”. Quale sarà, se ci sarà, il prezzo che pagheranno gli studenti di oggi, non è ancora dato saperlo: “Ho notato, prevalentemente in questo periodo di pandemia, il graduale disinteresse nei nostri confronti. Purtroppo la realtà ha superato di gran lunga la fantasia e, se pur controvoglia, mi ritrovo nuovamente davanti ad uno schermo pieno di caselle e fra i vari nervosismi dei professori e dei vari problemi di connessione cerco di apprendere. Era davvero questa la decisione più saggia?”.
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