Riceviamo e pubblichiamo una segnalazione da parte di una nostra lettrice (restando a disposizione per eventuali repliche a [email protected]): “Ieri, 11 novembre alle ore 15 mi sono recata presso la ASL di Rieti, a quell’ora semideserta, dove avevo un appuntamento medico. Arrivata un po’ in ritardo, vengo bloccata da 2 addetti che in maniera non propriamente gentile mi chiedono dove andassi. Ho spiegato di avere un appuntamento, specificando il nome del medico, mi chiedono l’impegnativa che non ho, per il solo fatto che gli appuntamenti grazie ad un percorso preferenziale dovuto alla mia patologia, mi viene dato telefonicamente”.
Per continuare: “I due non credendo alla veridicità della mia spiegazione non liberano l’accesso e decidono di chiamare un terzo ‘addetto’, anche quest’ultimo mi chiede l’impegnativa, allora, mio malgrado, specifico meglio che essendo una malata oncologica ho un percorso per così dire ‘veloce’ per cui gli appuntamenti mi vengono dati telefonicamente, senza impegnativa, certa che questo chiarimento mi permetta di dissipare tutti i dubbi sulla mia buona fede. Mi sento invece rispondere ‘scocciatamente’ che per una questione di privacy avrei dovuto evitare di specificare la mia patologia, chiedo di andare e verificare”.
Per concludere: “Sono passati 10 minuti, il mio sconcerto ormai è totale e uno dei tre finalmente decide di recarsi al secondo piano. Passa ancora tempo, non torna e vado via. Forse sarebbe il caso di far ricoprire l’incarico di ‘controllori‘ a persone che non si sentano “sceriffi” e senza aspettarmi della sensibilità vorrei un po’ di competenza e raziocinio. Mi scuso nuovamente con la dottoressa Sinibaldi per il mancato appuntamento”.
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