Il Parlamento Europeo salva la “carne finta” scegliendo di non decidere e di lasciare la situazione di caos normativa, bocciando gli emendamenti presentati per vietare e limitare l’uso di queste denominazioni. Resta quindi in vigore la possibilità di chiamare carne, cibi che in realtà non la contengono, ma sono a base vegetale, ovvero prodotti sintetici spacciati per “hamburger”. Così si inganna più di 9 italiani su 10, pari al 93 per cento, che non seguono un regime alimentare vegetariano o vegano.
E’ quanto emerge da una analisi di Coldiretti su dati Eurispes, in riferimento al voto del Parlamento Europeo proprio sull’abolizione del divieto di definire carne, qualcosa che non arriva dal mondo animale, ma che nasce invece da un mix di sostanze vegetali, spezie, coloranti ed esaltatori di sapore.
“I consumatori hanno diritto ad un’informazione corretta – spiega il presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri– per la quale ci battiamo da sempre. Non possiamo accettare che venga chiamata “carne” un insieme di ingredienti vegetali o peggio ancora dei prodotti sviluppati in laboratorio con materiale sintetico, nei quali della carne non c’è assolutamente nulla e neanche delle proteine vegetali”.
I consumatori rischiano così di trovare sugli scaffali finti hamburger realizzati con soia, spezie ed esaltatori di sapore o false salsicce riempite con ceci, lenticchie, piselli, succo di barbabietola o edulcoranti, grazie alla possibilità di utilizzare nomi come “burger vegano” e “bistecca vegana”, bresaola, salame, mortadella vegetariani o vegani con l’unico limite di specificare sull’etichetta che tali prodotti non contengono carne.
“Questo significa approfittare della notorietà e tradizione delle denominazioni di maggior successo della filiera tradizionale dell’allevamento italiano – aggiunge Granieri– con il solo scopo di attrarre l’attenzione dei consumatori. Tutto ciò rischia di indurli a pensare che questi prodotti siano dei sostituti della carne e dei prodotti a base di carne anche in termini di valori nutrizionali. E poi c’è un altro aspetto preoccupante ed è quello relativo alla provenienza dei prodotti utilizzati per creare questi cibi, dal momento che l’Unione Europea importa ogni anno milioni di tonnellate di materia prima vegetale da tutto il mondo”.
Nei confronti delle multinazionali che investono sulla carne finta, vegetale o creata in laboratorio, non mancano le contestazioni. E’ già partita la campagna “Questa non è una bistecca”, lanciata dalle principali organizzazioni agricole europee.
“Il nostro non vuole essere un attacco ai prodotti vegetali – conclude il presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri– ma una battaglia per la corretta informazione al consumatore. Una posizione condivisa anche dalla Corte di Giustizia europea, che già in passato si era pronunciata sul fatto che “i prodotti puramente vegetali” non possono, in linea di principio, essere commercializzati con denominazioni, come ‘latte’, ‘crema di latte’ o ‘panna’, ‘burro’, ‘formaggio’ e ‘yogurt’. Un diritto che l’Unione riserva ai prodotti di “origine animale” anche se “tali denominazioni siano completate da indicazioni esplicative o descrittive, che indicano l’origine vegetale del prodotto in questione”. L’unica eccezione è per il tradizionale latte di mandorla italiano”.
Foto: RietiLife ©