Pubblichiamo la nota dell’Associazione Malattia Alzheimer di Rieti a firma di Andreina Ciogli.
Ogni anno, il 21 settembre, i cittadini di tutto il mondo, dall’Australia allo Zimbabwe, partecipano a varie manifestazioni che hanno lo scopo di focalizzare l’attenzione di tutti su questa malattia.
Celebrare la giornata mondiale Alzheimer significa: 1) Riconoscere la demenza; 2) Aumentare la consapevolezza su questa malattia; 3) Sfidare lo “stigma” ; 4) sensibilizzare e coinvolgere tutti ed in particolare chi ha potere decisionale.
E’ per questo che, le tante associazioni costituite soprattutto dai familiari dei malati, in questa giornata, organizzano vari eventi, per aumentare la conoscenza e la consapevolezza della gravità di questa malattia.
Questo però è un anno speciale! Tantissime Associazioni come la nostra, non faranno manifestazione o eventi pubblici; non so se ciò sia “politicamente corretto” ma siamo stanchi e, veramente, sfiduciati.
Questo è l’anno del COVID-19; dopo il “Lockdown “ o “ confinamento” , in cui il paese si è praticamente fermato; dopo i 35.000 morti ufficiali, causati dalla Pandemia (ma in realtà sono stati molti di più, quanti , probabilmente. non lo sapremo mai), speravamo che il peggio fosse passato e che ci si sarebbe avviati verso la normalità ma, da molte settimane, i contagi stanno risalendo, lentamente ma costantemente e ci aspettiamo tutti una “ seconda ondata” che, sicuramente, sarà meno grave della prima perché adesso l’infezione colpisce soggetti più giovani e forti ( dunque più in grado di reagire ) e poi abbiamo capito come operare (diagnosi precoce, tamponi, individuazione rapida dei contatti, isolamento) ed abbiamo anche capito come e quali farmaci usare. Comunque, è chiaro a tutti, che non sarà una passeggiata e che la situazione si potrà normalizzare solo quando avremmo il vaccino (in adeguata quantità) e si potrà procedere a vaccinazioni su larga scala. Praticamente, la nostra sanità, si è concentrata sulla pandemia, investendo personale e risorse economiche , tralasciando (per necessità) le altre patologie (quelle croniche)! Dunque (per timore anche del contagio) sono diminuiti gli accessi al PS, sono diminuiti i ricoveri ospedalieri per le altre patologie, sono diminuiti gli interventi.
chirurgici, sono diminuite le visite specialistiche ambulatoriali, sono diminuiti gli esami e gli accertamenti in genere; ma ci sono ancora i malati oncologici, quelli affetti da patologie croniche e progressive , i malati di demenza etc etc; inoltre, tutte queste patologie, trascurate per necessità, si sono aggravate! Ed allora, bisogna ripartire! Bisogna ricominciare a trattare, con regolarità et efficienza, tutte le alte patologie ( oltre il COVID) .
Ad esempio, per quel che riguarda il mio ambito – la DEMENZA – posso dire che:
- Per quei malati che vivevano in casa, la maggioranza delle famiglie, ha creato un cordone di protezione per i loro cari, nel timore del contagio; i pazienti sono stati quasi segregati ; ridotti al minimo i contatti con l’esterno; quasi annullata la socialità. I malati hanno risentito molto di questo; vi è attualmente , in molti di essi , una riduzione della capacità motoria + un peggioramento dei sintomi soprattutto psichiatrici ( ansia e aggressività).
- Dei malati che erano ospiti presso RSA e/o Case Famiglie, una discreta percentuale sono stati contagiati ed alcuni sono deceduti. I dati presentati in occasione del IX Mese Mondiale Alzheimer , confermano quanto sia stata alta la percentuale di decessi correlati al COVID-19 delle persone affette da demenza ospiti nelle strutture assistenziali. L’età è il principale fattore di rischio per la demenza e gli anziani sono il gruppo più a rischio di contrarre il virus : conferma ne è il fatto che l’ 86% dei decessi per COVID – 19 riguardano soggetti over 65 e, circa il 19% di questi decessi ,( negli over 65) riguardano soggetti affetti da demenza.
- Ancora, in ambito provinciale, i pochi servizi specifici per la demenza sono stati chiusi; di questi , alcuni sono stati riconvertiti in Assistenza Domiciliare (vedi Centro Diurno Alzheimer di Cantalice). Inoltre, causa carenza di personale medico , l’ U.O.C. di Neurologia dell’ospedale de Lellis, ha praticamente sospeso le visite neurologiche per gli esterni e le visite praticate in ex UVA (Unità Valutativa Alzheimer) attualmente nota come CDCD
La situazione è indubbiamente grave e non più sostenibile!
Questo evento eccezionale (la pandemia) al quale non eravamo assolutamente preparati (sic!!) ha fatto esplodere situazioni già critiche ed ha evidenziato le contraddizioni del nostro SSN ma ci ha anche fatto comprendere molte cose :
- E’ stata evidenziata l’importanza fondamentale della sanità pubblica e la necessità di un suo potenziamento; la sanità privata, anche quella convenzionata, è stata ridimensionata.
- E’ stata evidenziata la necessità di avere una sanità territoriale efficiente ed efficace; ma per averla c’è bisogno di investimenti, soprattutto in personale ben preparato e motivato, materiale strumentale, reti digitali perfettamente funzionanti ; tutto questo richiederà notevoli investimenti economici. Ma che la sanità territoriale dovesse essere sviluppata ed adeguata alle necessità dei tempi, per noi, operatori e volontari del territorio, era evidente già da molto tempo. In un contesto in cui la popolazione over 65 rappresenta almeno il 25% della popolazione totale; in un contesto di aumento vertiginoso delle patologie croniche degenerative ; in un contesto di aumento della disabilità (legata all’età media dei pazienti) e della necessità di assistenza domiciliare qualificata è evidente che l’organizzazione medica e l’assistenza sociale si devono adeguare!
- In un contesto del genere può aiutare moltissimo la telemedicina!!
- Inoltre, i soggetti disabili in generale e soprattutto gli anziani fragili e/o parzialmente non autosufficienti, devono essere aiutati (con le rispettive famiglie) fornendo loro servizi efficienti, Assistenza Domiciliare medica e sociale ed altri tipi di supporti (anche economici) , onde permettere agli stessi, se lo desiderano, di poter rimanere nella loro casa, il più a lungo possibile e riservare l’istituzionalizzazione soltanto a quei casi in cui la permanenza presso il proprio domicilio non sarà più possibile.
- Tutto questo, oltre a migliorare la qualità di vita di tutte queste persone, produrrebbe anche un risparmio ,in termini economici, sia per il privato che per la Sanità Pubblica.
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