Ennesimo appuntamento con la confermatissima rubrica settimanale di RietiLife “Paese che vai” che, curata dalla nostra Martina Grillotti, punta a far conoscere, ai reatini e non, i nostri comuni. 73 bellezze tutte da scoprire, tra architettura, storia, gusto, appuntamenti. “Paese che vai” punta a creare un almanacco, un’agenda, che permetta a tutti di saperne di più dei nostri paesi, di scoprirli prima leggendo e poi visitandoli, in un weekend, in un giorno, per una vacanza lunga o corta, per un pranzo o una cena. Vi consiglieremo cosa visitare e gli eventi irrinunciabili cui è impossibile non partecipare. RietiLife è disponibile a integrazioni e segnalazioni, pronta ad ascoltare tutte le realtà del territorio. Scriveteci! [email protected]
(di Martina Grillotti) Un’esperienza imperdibile, la visita di Magliano Sabina, che porta chiunque a rimanere affascinato dalla storia come dai tanti luoghi da visitare, ma anche dalla tradizione e dalla scoperta dei sapori inconfondibili del territorio.
DOVE SI TROVA? – Dislocato sul confine tra Lazio ed Umbria, Magliano si trova ai confini con la provincia di Terni e la provincia di Viterbo. Il centro abitato del comune sorge ad un’altitudine di 222 metri sul livello del mare su una collina che domina la Valle del Tevere e conta circa 3700 abitanti. A presentare il comune è l’assessore al turismo, Claudia Cingolani, che spiega: “Il centro storico di Magliano Sabina sorge in una posizione strategica, immerso nel verde, al confine tra l’Umbria e il Lazio, a pochi passi da Roma. Per tutti quelli che hanno la fortuna di passare di qui, è impossibile non rimanere affascinati dalla vista mozzafiato sulla Valle del Tevere attraverso i vari affacci del centro storico. Non a caso, Magliano vanta la presenza di Foglia, una vedetta sul Tevere, il piccolo borgo inserito a pieno titolo tra i Borghi più Belli d’Italia, premiato per il panorama unico. Anche le numerose attività di ristorazione presenti sul territorio sono immerse in paesaggi incontaminati, di rara bellezza, note per la qualità dei nostri cibi. L’olio extravergine di oliva Sabina DOP fa da capofila, ma non si può non citare la nostra inconfondibile salsiccia di fegato suino: la “Mazzafegata”, alla quale è stato riconosciuto il marchio De.Co. Un percorso eno-gastronomico che lascia spazio anche per una visita tra i diversi siti culturali che caratterizzano il centro storico, alcuni di questi riaperti in occasione delle giornate FAI di primavera nel 2019. Chiunque avrà la fortuna di scegliere Magliano come meta avrà il piacere di fare un’esperienza tra la storia, la cultura, la tradizione, la natura e il buon cibo!”.
QUANDO NASCE? – Alle origini il territorio in cui oggi sorge Magliano era ricoperto dal mare, successivamente da un lago, detto Tiberino. Emersero poi le colline attuali sulle quali, sono stati ritrovati reperti archeologici che danno conferma della presenza dell’uomo nel territorio già in tempi antichissimi: le necropoli del Giglio, di San Biagio, di Castellano e di Collicello restituiscono reperti di un villaggio arcaico. Ville rustiche di età repubblicana e imperiale che sono sparse in tutto il territorio, e un nucleo abitato nella valle del Tevere, denominato Catiliano, testimoniano la conquista romana. Il primo nucleo urbano nacque intorno alla chiesa di Santa Eugenia e quella di San Giovenale e viene costruito a difesa il castello di Santa Eugenia: così facendo il territorio di Magliano, già nel XII secolo, diventa una fortezza importante soggetta al papato. Intorno alla fine del 1200 si scontra con il comune di Narni finché non vi stabilisce un patto di amicizia. Poco dopo nel 1311 il senatore capitolino, Ludovico di Savoia, assoggetta Magliano al Comune di Roma. Nel secolo XV, grazie al porto fluviale, Magliano gode di una sostanziale ricchezza. Alessandro VI (1495) elegge il territorio sede della Diocesi Sabina e lo fregia del titolo di città. Il 26 gennaio 1593 venne istituito per volere del cardinale Paleotti il Seminario Sabino del quale fanno parte sette chiese parrocchiali, alcuni conventi ed un istituto di ospitalità. La costruzione di Ponte Felice (1598-1623), voluta da Sisto V, elimina il porto fluviale, fonte di ricchezza, e la deviazione del Tevere per la costruzione del ponte genera acque stagnanti, che diffondono epidemie. Magliano si avvia dunque verso una diffusa miseria. Nel periodo napoleonico Magliano è sede di cantone ed entra nel Dipartimento del Tevere. Nel 1847 Pio IX toglie al Comune di Roma i diritti di vassallaggio su Magliano dopo 536 anni. Passata la breve esperienza della Seconda Repubblica Romana, la città entra nella Delegazione di Rieti nel 1850. Dal 1860 al 1870 Magliano è stata terra di confine fra lo Stato Pontificio e il Regno d’Italia, ed appartiene alla Provincia dell’Umbria (in seguito diventata Perugia). Alla vigilia della presa di Roma, nel settembre 1870, il Generale Raffaele Cadorna insedia a Magliano il suo stato maggiore per attaccare lo Stato Pontificio. L’apertura verso Roma, grazie alla linea ferroviaria Roma-Orte, dà un forte impulso al commercio e all’agricoltura. Durante il Fascismo i territori dei Comuni e delle Province vengono modificati: Magliano passa dalla Provincia di Perugia a quella di Roma (1923), e nel 1927 a quella di Rieti.
COSA VEDERE? – Una visita a Magliano Sabina permette di ammirare un patrimonio storico e artistico di grande valore, ricco di testimonianze in cui spiccano palazzi nobiliari e chiese, ma non solo, è un luogo davvero suggestivo, nel quale è possibile godere di un paesaggio naturale di rara bellezza, dominato dai Monti Sabini, dai Monti Cimini e dalla Valle del Tevere. Tra meraviglie del borgo non si può che partire dalla centralissima Piazza Garibaldi, nella quale il visitatore è accolto dal Palazzo Vannicelli, oggi sede comunale, e dalla Torre Civica annessa al Palazzo Vescovile. Da qui non molto distante si potrà visitare anche il Museo Civico Archeologico, ospitato all’interno di Palazzo Gori, il luogo perfetto per ammirare le testimonianze della civiltà sabina. Non si può certo perdere una visita alla Chiesa romanica di San Pietro, uno dei monumenti più antichi della città che risale al XII secolo e mantiene inalterate le linee romaniche. L’interno è diviso in tre navate, segnate da cinque agili colonne per ogni lato della navata principale. Due colonne, una delle quali è tortile, sono d’età romana. Nuda e semplice è l’abside semicircolare, da cui simmetricamente si irradiano lungo le pareti finestrelle stilisticamente intonate con tutto il complesso architettonico. L’unico affresco rimasto raffigura una Madonna con Bambino, probabilmente del XVI secolo. Continuando fino a raggiungere Piazza Duomo, si avrà l’occasione di scoprire le bellezze conservate presso la Chiesa di San Liberatore, nota anche come la Cattedrale dei Sabini concattedrale della diocesi di Sabina-Poggio Mirteto. La facciata è opera settecentesca dell’Alfieri, edificata nel 1735, si tramanda però che il disegno sia riferibile a Jacopo Barozzi da Vignola. L’interno dell’edificio è a tre navate: in quella di sinistra si aprono tre cappelle laterali ed il battistero, mentre una quarta cappella si trova al termine della navata: le cappelle sono dedicate a san Gregorio Magno, a sant’Antonio di Padova, alla Pietà e al Santissimo Sacramento; nella navata di destra invece in nicchie concave sono posti quattro altari, dedicati a san Rocco, ai santi Quattro Coronati, a san Domenico e al Presepe. Le cappelle e gli altari sono decorati con tele del XVI e XVII secolo. Nelle viscere del Santuario di Santa Maria delle Grazie, che si trova nelle vicinanze di Porta Romana, non si può non visitare la cripta protoromanica che colpisce per la sua delicatezza, suggerita dalle colonne leggermente sfalsate, che dividono l’ingresso dall’abside. La cripta è di difficile datazione dopo l’anno mille. Suggestive alcune pitture murali, fra le quali un San Francesco, da molti considerato una delle più antiche rappresentazioni del Santo ed un Sant’ Antonio, in minima parte rovinato da un graffito, una firma, con cui Alfonso d’Aragona volle segnare il suo passaggio nella cripta.
QUALI SONO I PRINCIPALI APPUNTAMENTI? – Il più importante evento della tradizione di Magliano Sabina è la Giostra del Gonfalone: una tradizione che si rimanda di generazione in generazione e che rievoca gli accadimenti dell’antico borgo di Magliano Sabina: è questa la Giostra del Gonfalone, che ricorda i tempi in cui il borgo, nonostante facesse parte dello Stato Pontificio, dipendeva dal Comune di Roma, subendo per questo continue ispezioni. La tradizione vuole l’apertura della manifestazione con un corteo in costumi dell’epoca accompagnamento da musici e sbandieratori e termina con la corsa all’anello per guadagnarsi il “Gonfalone” sfidandosi in un singolare palio a cavallo. Le radici di questa manifestazione affondano alla fine degli anni ’60, grazie alla volontà e al grandissimo impegno di Luigino Pagliani, il quale, decise di far riemergere dalla memoria quegli eventi storici che segnarono la vita del paese. Altra festa ormai divenuta il simbolo del territorio è la Polentata Settembrina, che lo scorso anno ha raggiunto la sua 18esima edizione, si tratta di una festa della durata di tre giorni dove si potranno degustare le specialità tipiche sabina, con in testa la padellaccia, e ci si potrà divertire con lo spettacolo di orchestre che suoneranno dal vivo. A giugno, in località Angeli, si svolge la sagra degli gnocchi e dura anche questa tre giorni in cui poter conoscere e gustare tutte le specialità culinarie locali.