(r.l.) Una vita e una famiglia distrutte. E una giustizia che spesso non legittima sé stessa. “È dura prendere atto di come funziona la Legge in Italia in questi casi”: dice a RietiLife la moglie di Stefano Franchi, 44enne travolto da un’auto un anno fa, mentre andava a prendere prendere un gelato insieme al figlio di 9 anni”. Stefano da quel giorno ha attraversato un lungo calvario tra coma e una riabilitazione lunga e che, dopo un anno, non finisce. E forse mai finirà. La sua attività “La Taverna dei Briganti” a Torano è chiusa da più di un anno, il ristorante dove ha dedicato quasi 20 anni della sua vita, affermandosi con moltissimi sacrifici. Praticamente una vita distrutta su tutti i fronti. Nei giorni scorsi c’è stata l’udienza penale contro G. D. L., un’udienza che non ha soddisfatto la famiglia di Stefano Franchi. Il ragazzo di 27 anni che ha travolto Stefano, lo ha fatto “sotto l’effetto di alcool e cocaina, in più stava pubblicando un post su Facebook” ricorda la famiglia di Stefano a RietiLife. L’avvocato del 27enne ha richiesto il patteggiamento e quindi la condanna è stata di 22 mesi dal giorno dell incidente “quindi tra qualche mese sarà libero di fare ciò che vuole” ricorda ancora la famiglia di Stefano.
“Non può essere giusto guidare sotto l’effetto dell’alcol o di altri stupefacenti e distruggere la vita ad una famiglia intera – aggiunge la moglie di Stefano Franchi – pensavo che una vita, quasi falciata, valesse più di 22 mesi pena sospesa e non menzione. Credevo che compiere reati fosse più grave di questo. Mio marito, i miei figli i parenti tutti ed io non saremo più gli stessi. Un uomo che era punto di riferimento adesso ha bisogno di tutti noi e la sua vita di imprenditore, di marito e di padre non sarà mai più come prima. Non perseguivo uno spirito di vendetta, ma di giustizia. Oggi penso non si sia fatta giustizia . Ma questa è la legge, la dura legge. La vita di un uomo equivale a 22 mesi, pena sospesa e non menzione”. Questo l’amaro sfogo della moglie del ristoratore che ha combattuto con la morte per più di 13 mesi e che ora combatte con una vita caratterizzata dal grave handicap con tutte le conseguenze immaginabili. Ad assistere Stefano e la sua famiglia, l’avvocato Antonio Iannucci. “La cosa che più mi rattrista è che tutto l’accaduto non sia servito come lezione di vita a tanta gente. Ma logicamente finché non verranno applicate leggi più severe e istituiti più controlli, ognuno continuerà a fare quello che vuole” dice la moglie di Stefano.
Foto: RietiLife ©