(di Giuseppe Manzo) Gli italiani che vivono per studio e lavoro a Londra sono circa 500 mila, la più grande “little Italy” del mondo dal 2019, avendo superato Buenos Aires. Sono molti i connazionali che sono tornati in Italia nell’ultimo mese, perché preoccupa molto l’epidemia crescente nel Regno Unito: 708 morti nelle ultime 24 ore e oltre 40 mila il totale dei contagiati in pochi giorni.
Tra quelli che hanno scelto di non tornare, in gran parte per motivi di lavoro, c’è Giulio, un giovane di quasi trent’anni che ha il padre in Sabina e che da oltre due anni lavora nella capitale britannica come chef di un importante ristorante, che ha dato valore alla sua professione. Informato quotidianamente sui fatti italiani della vicenda coronavirus, un mese fa Giulio scelse l’autoquarantena, trovandosi in ferie per un viaggio opportunamente rinviato.
Così, mentre il premier del Regno Unito parlava di “immunità di gregge” prima di ammalarsi di Covid 19 e mentre la vita a Londra scorreva come se l’epidemia fosse un problema solo cinese ed italiano, Giulio un mese fa si rinchiuse in casa uscendo, con guanti e mascherina, solo per acquistare il necessario, consigliando di fare lo stesso a colleghi ed amici rimasti a Londra. In una videochiamata al padre, Giulio racconta con sincerità il motivo: “mi fidavo poco di quello che stavano facendo gli inglesi e sentivo istintivamente che la “ricetta” italiana era quella giusta. Inoltre non nascondo di avere poca fiducia degli ospedali londinesi, che in questi giorni sono strapieni e in tv si vede ancora personale sanitario lavorare senza dispositivi di sicurezza. Ora il lockdown ha chiuso anche la capitale britannica, – aggiunge Giulio – ma quando vado a fare la spesa vedo ancora troppa gente in giro e molti sono quelli senza mascherina. Nonostante la situazione a Londra non sia affatto tranquillizzante, resisto e cerco di vivere sereno. Naturalmente – ammette Giulio – mi sentirei più sicuro in Italia, vicino ai miei affetti e certo di una buona assistenza in caso di contagio. Confesso che ogni tanto la nostalgia del mio paese, verso sera, qualche volta prevale, anche perché dalla finestra della mia casa a Londra la vista non è quella della casa paterna con gli olivi e i ciliegi, che proprio in questi giorni stanno fiorendo in tutta la Sabina. Sento spesso i miei amici in Italia lamentarsi delle restrizioni e cerco di far capire loro come sia precaria la mia situazione. Provo a convincerli del fatto che la chiusura totale adottata dall’Italia è un modello che molti inglesi avrebbero voluto seguire da subito – conclude Giulio – e che il ritardo con il quale il lockdown ha avuto inizio a Londra causerà purtroppo tanti contagi in più. Io resto a casa. Restate a casa anche voi”.
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