Foto: Gianluca VANNICELLI – Francesco PATACCHIOLA ©
(di Christian Diociaiuti) Il fumo, le urla, la tensione. Giornata difficile in via Maestri del Lavoro, a Rieti, nel carcere Nuovo Complesso di Vazia. La rivolta dei detenuti è arrivata anche a Rieti, una nuova bandierina sulla mappa delle sommosse negli istituti di pena italiani, iniziate di fatto ieri e che ad oggi contano evasi, feriti e morti. Non è il caso di Rieti, dove tutto è iniziato alle 14-14.30 circa, in cui la situazione pur tesa non ha registrato né fughe, né sangue almeno fino al momento in cui scriviamo. I numeri del carcere, in cui la rivolta è scoppiata in due bracci da tre piani l’uno: 399 i detenuti, oltre 100 in più rispetto a quanto previsto (295). Sono 227 al momento gli stranieri reclusi tra i 399 detenuti nell’istituto reatino.
Oltre alla Polizia Penitenziaria, subito in azione prima i Vigili del Fuoco e il personale sanitario esterno (mentre quello interno – assieme agli amministrativi – è stato evacuato). Contemporaneamente è stato grande l’apporto delle forze dell’ordine: Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza (e Polizia Locale per la viabilità e per chiudere la strada davanti al carcere). Intorno alle 15.30 l’ingresso di Polizia e Carabinieri in tenuta anti sommossa, sostenuta poi da reparti speciali dalla Capitale, arrivati nel cuore del pomeriggio. Sul carcere, il controllo costante di un elicottero dei Carabinieri.
I detenuti hanno messo a soqquadro i bracci detentivi G (detenuti per reati comuni) e F (quello che ospita i detenuti in regime protetto, tra cui stupratori e pedofili): lenzuola dalle finestre, carcerati armati di spranghe per battere su inferriate e parapetti al grido di “libertà, indulto” ma anche richieste di modalità di colloquio meno distaccate, come invece richiesto dal recente decreto per combattere il coronavirus. Disordine ma anche fiamme: i carcerati hanno dato fuoco a materassi, lenzuola e carta. Colonne di fumo nero ben visibile fuori dal carcere e odore acre fuori dall’istituto. I detenuti sono anche saliti sul tetto, sbracciandosi verso l’esterno e verso la stampa: “Riprendendeteci, dateci voce: libertà, libertà”. Le richieste, dunque, sono legate ai colloqui coi familiari (il Dpcm ha ridotto i contatti per motivi sanitari), al contenimento dei contagi e più in generale a un ok all’indulto.
Almeno fino alle 17, le forze dell’ordine non hanno agito con la forza, presidiando l’interno del carcere e le aree comuni, mentre i detenuti si sono sfogati sbeffeggiando gli agenti, urlando verso l’esterno e facendo rumore su sbarre e parapetti. La situazione al momento non è rientrata, ma è meno tesa. Le forze dell’ordine attendono che l’emergenza nel carcere di Rieti rientri in autonomia e senza l’impiego della forza, che sarà necessaria se al calare della luce – e comunque dopo la mediazione – i carcerati non saranno rientrati autonomamente in cella.
“Le problematiche son sempre le stesse dovute alla limitazione dei colloqui per limitare il diffondersi del coronavirus. Speriamo che la situazione ritorni, quanto prima, tranquilla, visto che sono state date disposizione per utilizzare apparecchiature sostitutiva quale quella di collegamenti a distanza quali Skipe” dice Massimo Costantino, Segretario generale Aggiunto FNS Cisl. “Grave quello che sta accadendo nelle carceri. Solidarietà ai lavoratori della Polizia Penitenziaria e sostegno alle categorie che da tempo hanno evidenziato la situazione di degrado, sovraffollamento e carenza di organico del personale” ha detto Annamaria Furlan, segretario generale Cisl.