Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta del Comitato La Rotonda
Mercoledì sera abbiamo appreso con stupore che il nostro ruolo è quello di “alunni” e non di “professori”. In realtà non abbiamo mai avuto la presunzione di considerarci professori, né tecnici. Piuttosto, abbiamo espresso delle perplessità a valle di uno studio ‘autodidatta’ di documenti, carte, pareri, ciascuno di noi con i suoi mezzi e le sue capacità.
Abbiamo inoltre preso atto che qualcuno ha voluto mettersi in cattedra per ricoprire il ruolo del professore, facendo considerazioni tecniche sui prodotti del processo di produzione del Biometano e sui limiti per le emissioni odorigene, in modo da rassicurare la platea sulla totale assenza di problemi legati all’impianto e l’insensatezza delle osservazioni di noi cittadini, animati probabilmente da una qualche volontà politica.
Peccato che noi non siamo politicizzati, che i problemi dell’impianto continuino ad esserci e, ancor più importante, che le considerazioni tecniche declamate con tanta sicurezza fossero sbagliate.
Anzitutto la differenza fra “biogas” e “biometano” non sta nel fatto che l’uno brucia e l’altro no. Il biogas è il gas grezzo prodotto dalla fermentazione che esce dal digestore, mentre il biometano è un derivato del biogas che è stato sottoposto ad un processo di raffinazione e purificazione. Quindi, come ci confondiamo noi studenti, si è confuso il professore.
Per quanto riguarda il pellet mostratoci (materiale di provenienza ENERSì?), si ribadisce che in uscita dall’impianto ad oggi in corso di autorizzazione a Vazia vi è sì un pellet, prodotto dalla disidratazione di un ‘digestato’, di cui però non è assolutamente certa la possibilità di utilizzo come fertilizzante. Originariamente il progetto ENERSì prevedeva infatti ulteriori trattamenti sul ‘digestato’, da svolgersi nell’impianto ubicato a Poggio Fidoni, il che avrebbe reso possibile ottenere un prodotto finale da utilizzare come fertilizzante, ma tali trattamenti e l’impianto di Poggio Fidoni non sono più previsti. In tale contesto è opportuno rappresentare, citando un importante documento prodotto dall’ISDE, l’Associazione internazionale dei medici per l’ambiente (“Il trattamento della frazione organica dei rifiuti urbani (FORSU)”, 2015), che l’uso del ‘digestato’ (prodotto nell’impianto di Vazia) come fertilizzante (da spargere quindi sui campi, citando il professore) può rappresentare un “rischio biologico significativo”. Infatti, spiega il documento, nel materiale in ingresso agli impianti di biogas (sia nei rifiuti urbani sia nei sottoprodotti di origine animale) possono essere presenti parassiti e microrganismi patogeni, principalmente salmonelle, escherichia coli, listeria, clostridi. Essi possono essere presenti anche sotto forma di ‘spore’, ovvero in grado di disperdersi in aria. Alla luce di ciò, ci sembra più che ragionevole pretendere che l’intero processo dell’impianto di corso di autorizzazione sia chiaro e completo, cosa che ad oggi non è. Un esempio fra tutti di tale incompletezza è proprio che mancano nella documentazione ENERSì informazioni sulla fine di questo famoso ‘digestato’.
Per quanto riguarda le emissioni odorigene, il professore ha parlato di un limite pari a ‘300’ (unità olfattometriche per metro cubo) e ci ha rassicurato sul fatto che questo limite non venga superato nel pressi della malcapitata casa posta a 80 m di distanza dall’impianto. Questo ‘300’, tuttavia, è il limite previsto all’emissione, ovvero in uscita dal comparto di trattamento dell’aria dell’impianto, mentre al recettore (la famosa casa) i limiti per la valutazione dell’impatto olfattivo sono compresi ‘fra 1 e 4’ (unità olfattometriche al metro cubo), misurate però con il naso elettronico, a differenza di quelle alla sorgente. Usando sempre termini scolastici, confrontare i due limiti 4 e 300 equivale a confrontare le mele con le pere.
Fiduciosi nel fatto che gli organi preposti al rilascio dei pareri di competenza stiano agendo in scienza e coscienza, attendiamo con ansia le prossime lezioni del professore continuando a studiare…. e chissà se, ancora una volta, l’allievo supererà il maestro.
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