Scatta la protesta dei dipendenti 118 Ati. “I lavoratori del sistema dell’emergenza su strada tornano al punto di partenza e come nel gioco dell’oca ripartono dal ‘VIA!’. Ma nel senso di ‘fuori dal lavoro’, ‘fuori dal gioco della vita’! È sulla pelle di giovani professionisti, di famiglie appena formate, di figli appena nati, o nei primi anni di vita, di mutui da pagare e case prese in affitto per formare una famiglia che ancora una volta l’ARES Lazio e la politica regionale, giocano la partita delle garanzie economiche ‘necessarie’ per far quadrare i bilanci della Regione Lazio. L’ennesimo bluff offerto su un piatto d’argento”.
“L’opportunità – continuano i lavoratori – di rilanciare il ruolo del volontariato precarizzando l’ormai esangue panorama delle possibilità di lavoro offerte da questa Regione, e dall’Italia, è una sentenza della Corte di Giustizia Europea. Una palla colta al balzo per scaricare sui più deboli – i lavoratori mai garantiti – i costi dei disservizi di altri settori della sanità. Ed è così che si torna ad impoverire e si fanno regredire sia il sistema dell’emergenza 118 su strada, sia la stabilità dei cittadini che lavorano da decenni in questa settore della sanità pubblica. La palla colta al balzo – dicevamo – è una sentenza della Corte di Giustizia Europea, che annovera tra le possibilità di risparmio, per quelle regioni in costante affanno: l’affidamento alle associazioni di volontariato dei servizi di emergenza-urgenza 118 su strada. Una possibilità che viene data per “ridurre”, quando non “azzerare”, i costi del servizio”.
Continuano i lavoratori: “Ma qui da noi, sarà poi vero? Questo lo sapremo solo al termine dei tre anni di affidamento in convenzione alle associazioni iscritte all’albo Regionale che potranno partecipare al bando. Certo è che con questa operazione il 50% dei dipendenti del settore dell’Emergenza su strada: medici, infermieri, autisti soccorritori e barellieri, andranno a casa. Noi lavoratori del reatino e del viterbese, siamo stanchi e non tollereremo ancora una volta quello che è uno sfacciato baratto politico, ceduto al sistema del volontariato laziale per fini del tutto evidenti. Ma non smetteremo di gridare che con questa delibera si stanno smantellando 170 posti di lavoro tra Rieti e Viterbo e 700 nell’intera Regione Lazio. I lavoratori ridotti a carne da macello senza che i sindacati più attivi nelle retrovie dei contratti di lavoro, abbiano opposto una reale strategia politica alle inaccettabili determinazioni assunte dall’Ares Lazio con la delibera n.365 del 30 dicembre del 2019. Saranno 116 lotti disseminati su tutto il territorio regionale, il cui servizio dovrà essere esperito con un 50% di ‘personale volontario’, dunque senza alcuno stipendio o trattamento pensionistico, ai quali misericordie e pubbliche assistenze dovranno solo garantire una assicurazione sanitaria contro infortuni e malattie, o danni arrecati a terzi”.
“Ed un altro 50% di personale ‘assunto’ a termine, fino a scadenza della convezione. I più fortunati vinceranno la partita dell’assunzione a termine, gli altri dovranno andare a casa, perché ciò che c’è di certo è, che l’Ares, accetterà le offerte di quelle misericordie i cui elenchi di volontari siano già ‘formati’. Poco importa se i volontari siano anche lavoratori dipendenti, incompatibili per legge, con le prestazioni rese contemporaneamente all’Ares ed al SSN. L’importante è che la barca va, il carrozzone elettorale veleggia verso nuovi lidi, e ‘prendere la palla al balzo’ facendo rotolare giù dalla scarpata 700 posti di lavoro non sembra interessare alcuno se dall’altra parte c’è chi ingrossa le fila del precariato con la nuova figura professione del ‘volontario suo malgrado’.” concludono.
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