Lavoro sempre più precario e a tempo. Questo quanto emerge dal report realizzato dalla Uil del Lazio, in collaborazione con l’istituto di ricerca Eures, in merito ai rapporti avviati nel 2018 e nel 2019 (fino a settembre) nella nostra regione. Nonostante il numero delle nuove attivazioni sia leggermente superiore a quello delle cessazioni, emerge però una sempre più crescente precarizzazione dell’attività lavorativa, tanto che i contratti della durata di un solo giorno hanno rappresentato ben il 36,6% del totale e sono arrivati a quota 580 mila. Non va meglio per un altro 20% di lavoratori che ha avuto contratti superiori ai 2 giorni ma inferiori ai 30. Mentre un nuovo contratto su dieci ha avuto durata superiore a tre mesi ma inferiore a un anno (19,4% del totale).
Infine, sono stati appena 211 mila i contratti cessati che hanno avuto durata superiore a un anno (il 13,3% del totale). E gli ultimi mesi del 2019 appaiono, se possibile, ancora più drammatici: a differenza del biennio precedente, l’incremento delle attivazioni (+2,4%) infatti è inferiore rispetto a quello delle cessazioni (+3,4%).
Nonostante i rapporti di lavoro attivati nella regione Lazio nel corso del 2018 siano stati quasi 1,6 milioni di unità (il 14,4% del totale nazionale), ovvero circa un milione in più delle cessazioni, il numero complessivo di lavoratori coinvolti da almeno un’attivazione risulta significativamente più basso e si attesta a 694 mila unità nel Lazio (6,4 milioni in Italia). Da ciò si deduce quindi che uno stesso lavoratore ha attivato, nel corso dell’anno, un numero cospicuo di rapporti di lavoro: l’indice di flessibilità si attesta infatti nel Lazio a 2,28, segnalando come in media ciascun lavoratore sia stato coinvolto da più di 2 attivazioni. Ma c’è anche chi ha superato i cento contratti in un anno. Addetti del mondo della ristorazione in testa.
“Ciò conferma quanto stiamo ripetendo ormai da tempo – interviene il segretario generale della Uil del Lazio, Alberto Civica – ovvero che il lavoro è sempre più precario e sempre più povero. L’oltre 36% di contratti da un giorno fotografa una situazione drammatica: mancanza di politiche a lunga scadenza, tentativi di sopravvivenza che non tutelano né i lavoratori, né sicuramente l’economia regionale. Lo scarto tra attivazioni e cessazioni è ancora fortunatamente positivo, ma si può parlare di lavoro in queste condizioni? Contratti da un giorno o da un mese non solo non riescono a dare dignità al mondo del lavoro ma purtroppo non garantiscono nemmeno la giusta professionalità ed esperienza che dovrebbero contraddistinguere qualsiasi settore. E lo scenario capitolino ne è in qualche modo testimone”.
Nel terzo trimestre 2019 inoltre i dati delle cessazioni sembrano confermare un trend in crescita. Oltre 3 contratti cessati su 4 nel Lazio si sono conclusi per scadenza naturale, circa una cessazione su 10, invece, è richiesta dal lavoratore, mentre la quota di quelle promosse dal datore di lavoro (per licenziamento, cessazione dell’attività aziendale e mancato superamento del periodo di prova) raggiunge l’8,1%.
L’analisi relativa ai soli licenziamenti conferma nel Lazio un trend piuttosto altalenante, che tuttavia si mantiene crescente sia nell’ultimo anno (da 96,8 mila a 99,7 mila unità; +2,9%), sia relativamente all’intero periodo 2014-2018 (9%). La dinamica osservata nel Lazio risulta ancora più preoccupante se si considera che in Italia si registra contestualmente un trend di segno opposto, con una variazione pari al -3,1% sul 2017 e una contrazione del 6,2% sul 2014.
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