È stata inaugurata ieri mattina, presso la Direzione Aziendale della Asl di Rieti, la Mostra permanente ‘Museo della Mente, c’era una volta il Manicomio’, dedicata alla storia dell’ex ospedale psichiatrico S. Francesco di Rieti. La Mostra, voluta dal Direttore Generale della Asl di Rieti Marinella D’Innocenzo, che ha permesso l’uso di alcuni spazi, un tempo sede dell’ex ospedale psichiatrico e curata dal dottor Manlio Paolocci, intende riportare la storia dell’ex S. Francesco e dei manicomi in Italia al di là del muro, per essere esplorata, interpretata, condivisa.
Seguendo il percorso espositivo, volutamente allestito negli spazi che un tempo risuonavano dei lamenti dei folli, si riprende contatto con una realtà oggi dimenticata ma vivissima nella Rieti del tempo, raccontata attraverso le storie dei malati che vi furono internati e che, con le loro sofferenze e speranze, offrono uno spaccato inedito ed emozionante in cui specchiarsi per non dimenticare.
La mostra è divisa in otto sezioni, ricovero, interni, persone, cure, custodia, contenzione, attività ed espressioni artistiche, cambiamento, in cui si ripercorre la storia del Manicomio, in funzione nel territorio reatino della villa San Basilio dal 1947 al 2000. Un modello di architettura ospedaliera estensiva che ha ospitato fino a 900 degenti, con padiglioni isolati e distanti tra loro, nascosti tra il verde di un grande parco. Qui, chiusi nelle lunghe corsie gremite di letti e dentro “sorveglianze” interne ed esterne circondate da reti nascoste tra siepi di ligustri, si consumava per molte Persone la loro vita, vissuta tra fantasmi, sussulti di esaltazione, deprimenti tristezze e mondi immaginari ove ancora vi si rifugiavano per vincere l’isolamento e l’abbandono. Nella Mostra è raccolta la loro storia; la storia di quelle Persone, “fermate ed arrestate” nel Manicomio detto di “San Basilio”, meglio conosciuto come il “ricovero per Manie” di “San Francesco”.
I documenti fotografici e pittorici, gli appunti scritti a mano e le lettere, ritraggono sguardi persi nel vuoto, posture indifese e volti che sfidano il tempo tra bellezza e pudore. Nelle sezioni cure, custodia e contenzione, i mezzi di coercizione si alternano ad oggetti più piccoli, minuscole suggestioni cariche di senso: reperti anatomici, strumenti clinici e coercitivi.
“La Mostra – afferma il Direttore Generale della Asl di Rieti Marinella D’Innocenzo – offre uno spaccato della realtà reatina, illustra le denunce in campo psichiatrico e ricostruisce la storia e le origini della trasformazione culturale e sociale che portò all’abolizione dei manicomi e ad un diverso approccio con la malattia psichiatrica. Ma non solo, grazie al lavoro del dottor Paolocci, la stessa testimonia l’amore ed il rispetto per le Persone fragili, con una propensione verso l’esistenza umana che soffre e la determinazione per la conquista della libertà nelle sue forme più disparate per la difesa dei più deboli”.
“In questa mostra – spiega il curatore dottor Manlio Paolocci – compare anche un po’ della mia storia di “medico tra i pazzi”, recluso talora anche io con loro e tra loro. E’ tra gli anni sessanta e settanta, durante lunghi turni, anche settimanali di guardia, che nasce l’idea di rendere pubblica la realtà di cui ero protagonista. Risalgono a quel periodo fotografie, disegni e pitture realizzate dal sottoscritto, attraverso le quali cercavo di catturare e descrivere le espressioni di sofferenza dei degenti, spingendomi attraverso i loro volti, fin in quel loro profondo vissuto di malattia. Una produzione in gran parte esposta oggi nella Mostra, realizzata anche grazie alla complicità dei degenti, come se volessero essi stessi partecipare ed essere attori di quella denuncia”.
Il Museo sull’ex Ospedale Psichiatrico S. Francesco di Rieti è visitabile su richiesta alla Direzione della Asl di Rieti, in orari e giorni da concordare.
Foto: ASL ©