“La Sabina R-esiste”, è il tema del convegno promosso dal Centro di Formazione Professionale di Poggio Mirteto e dell’Istituzione Formativa della Provincia di Rieti. Questa mattina gli studenti e le studentesse del III e IV anno dei corsi“Operatore del Benessere, Estetica e Acconciatura”, si sono ritrovati alla Biblioteca “Peppino Impastato” di Poggio Mirteto.
“È la giornata conclusiva di un percorso durato diversi mesi – ha spiegato la docente Chiara Dionisi, che ha coordinato l’iniziativa – ieri abbiamo visitato il museo della Shoah, ascoltando anche la testimonianza di un sopravvissuto alla deportazione degli ebrei dal ghetto ebraico di Roma del 16 ottobre 1943, oggi andremo a conoscere alcuni rappresentanti del nostro territorio. La storia della resistenza non è solo quella letta sui libri, ma è molto più vicina a noi”.
Walter Consumati, dell’Anpi di Poggio Mirteto, ha raccontato episodi legati all’attività partigiana nella provincia di Rieti, come l’attentato alla stazione di Poggio Mirteto e la resistenza partigiana del Tancia. Con lui anche il 95enne Eugenio Meneghino uno dei partigiani che ha combattuto nella resistenza durante la guerra. A seguire la testimonianza di Amaranto Bonacasata, classe 1932, testimone e sopravvissuto alla strage del monte Tancia.
“Eravamo poveracci, non ci potevamo alzare presto – racconta Bonacasata numerosi studenti presenti – . Avevo 12 anni e il 7 aprile portavo a pascolare una vacca, quando, mentre andavo verso Salisano, una scarica di mitra ha preso la bestia che è caduta per la scarpata. Io andavo correndo mezzo scalzo, dalla paura. Ero ferito, le case bruciate. Ho perso tutto, mia madre e tre fratelli”. Si commuove ricordando la mamma “bella, che porto sempre nel cuore”. La donna, fucilata dai tedeschi, riuscì a salvare da morte certa la figlia Alba, di appena 40 giorni, nascondendola in un cespuglio. “Ai giovani di oggi – aggiunge Bonacasata – dico di non fare mai più la guerra. Si devono voler bene, perché l’amore vince l’odio. Studiate e tirate avanti lontani dalle guerre, rispettate gli insegnanti. Avrei tanto da raccontare, magari tornerò ancora”.
Roberto D’Angeli, autore “Il campo di Farfa” edito da Funambolo, ha poi presentato il suo libro. “Il libro – ha spiegato D’Angeli – è frutto di una ricerca iniziata al Museo della Shoa dove ho lavorato sei anni. Ho accompagnato tanti studenti ad Auschwitz. Tanti di coloro con cui parlavo, avevano sentito nominare gli ebrei solo in rare occasioni. Erano qualcosa di non ben definito, un popolo collocato non si sa quando nella storia. Decidemmo allora di fare un progetto con la Regione per andare a studiare quegli avvenimenti e personaggi che riguardavano la persecuzione degli ebrei nel Lazio. Decisi di andare a riscoprire la storia di questo posto che a Farfa ricordavano come il campo dei profughi. Aperto nel luglio ‘43 ha ospitato 100 persone di cui 20 ebrei di origini straniere. Grazie al lavoro di un ex insegnante, Anna Pizzuti, sappiamo che di questi 20 sono riusciti tutti a scappare, tranne una persona che venne catturata prima a Fossoli e poi trovò la morte ad Auschwitz. Un legame diretto, anche questo, con la Shoah. Ho potuto consultare, all’Archivio di Stato di Rieti, tante carte di queste famiglie, di cui nel libro ho inserito le storie. Spero siano presto inventariate e diventare così accessibili a tutti”.
L’incontro si è concluso con la lettura di Laura Daniela Tusa, direttrice della biblioteca “Peppino Impastato” di Poggio Mirteto, che ha ricordato le parole di Primo Levi: “Ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere quest’offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati in fondo. Più giù di così non si può andare: condizione umana più misera non c’è, e non è pensabile. Nulla è più nostro, ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome e, se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa di noi quali eravamo rimanga”.
La discussione continuerà domani con la visione, a scuola, del docufilm “Tancia” diVittorio Ferrara, presente all’evento.
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