(r.l.) È finito nella maglie della Guardia di Finanza anche Salvatore Parlato, nominato a metà gennaio Commissario del Consorzio industriale di Rieti durante il processo di unificazione dei Consorzi industriali del Lazio deciso dalla Regione e successore di Andrea Ferroni. Per Parlato, insieme ad altri 4 funzionari del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea), sono stati disposti dal gip gli arresti domiciliari quale misura cautelare nell’ambito di presunte irregolarità nel Crea, organo di cui è presidente. Per lui, che è anche presidente del Cda di Talete (il servizio idrico del viterbese) e del Consorzio Industriale di Rieti – queste ultime, estranee all’indagine della Finanza – la misura cautelare è rimasta sospesa: Parlato (46 anni) è all’estero.
INDAGINE – Ai domiciliari, intanto, è finita la direttrice generale del Consiglio per la ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea), Ida Marandola: sarebbe lei la principale responsabile delle “gravi irregolarità” riscontrate nella gestione del più importante ente di ricerca italiano dedicato alle filiere agroalimentari e sul quale vigila il Ministero delle politiche agricole. Nell’inchiesta della Guardia di Finanza e della procura di Roma sono coinvolte anche altre quattro persone: un funzionario del Consiglio (Parlato, ndr), nei confronti del quale il Gip ha disposto i domiciliari ma che si trova attualmente all’estero, il dirigente dell’ufficio ‘bilancio’ Speranza De Chiara, il dirigente e il dipendente dell’ufficio ‘gare e contratti’ Ginevra Albano e Luigi Amorese, nei confronti dei quali è stata disposta la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
IPOTESI DI REATO – Per i cinque gli inquirenti ipotizzano, a vario titolo, i reati di peculato, abuso d’ufficio e falso. Le irregolarità nella gestione del Crea riguardano innanzitutto la scelta della nuova sede. Marandola, che divenne dirigente del Crea quando Gianni Alemanno era ministro delle Politiche Agricole, nella scelta dei nuovi locali dove spostare il Consiglio, avrebbe indicato – sostiene la Guardia di Finanza – un numero di dipendenti superiore a quello reale. Così facendo avrebbe avuto la possibilità di selezionare l’immobile sul mercato e non di ricorrere a quelli demaniali a disposizione poiché questi non sarebbero stati in grado di soddisfare le richieste. E le irregolarità avrebbero interessato anche il procedimento amministrativo che è scaturito dalla scelta della nuova sede: nell’affidare i servizi di trasloco e facchinaggio, i contratti, affermano sempre gli inquirenti e gli investigatori, sono stati “artificiosamente frazionati” in modo da non superare la soglia oltre la quale è necessario ricorrere a gare pubbliche. Un frazionamento che aveva uno scopo ben preciso: consentire agli indagati di poter scegliere le ditte che avrebbero poi effettuato i servizi. Ma non solo.
AFFITTI – A Marandola e agli altri quattro destinatari del provvedimento viene contestato – con ruoli e responsabilità diverse – di non aver ridotto, come previsto dalla legge sulla spending review, del 15% il canone d’affitto di 2 immobili: un taglio che, se effettuato, avrebbe consentito un risparmio per lo Stato di 700mila euro. C’è, infine, un’ulteriore contestazione: sarebbero stati commessi abusi sia nella procedura di stabilizzazione di alcuni precari del Consiglio sia nel pagamento di prestazioni professionali a due collaboratori che, in realtà, non hanno svolto alcuna attività lavorativa. Oltre agli arresti, il gip ha disposto anche il sequestro di 8 milioni: somme che sono state indebitamente pagate a due società che hanno affittato gli immobili e ai due ‘finti’ collaboratori del Crea.
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