(di Fabrizio Tomassoni – memoria storica del calcio reatino) Il 25 settembre 1993 all’età di 68 anni se ne andava Manlio Scopigno, uno dei personaggi più rappresentativi del calcio italiano del dopoguerra. Friulano di Paularo, nell’udinese, giunse a Rieti al seguito del padre, con il compianto fratello Loris.
A 16 anni viene subito notato per la sua classe, sebbene mostrasse un fisico segaligno. L’esperienza nella Tricolore del 1943/1944 gli permise di entrare nel giro della nuova Vaccarezza Rieti allenata dal campione d’Italia, Ermes Borsetti nella serie C 1945-46 (nella foto, in tenuta di gioco), poi le due stagioni di serie B sempre in maglia amarantoceleste che lo imposero sul palcoscenico della massima serie.
Tre stagioni alla Salernitana poi l’approdo al Napoli di Eraldo Monzeglio: ma proprio in maglia azzurra fu vittima di un gravissimo incidente (rottura dei legamenti del ginocchio, infortunio all’epoca senza rimedio) durante la sfida casalinga contro il Como, pochi istanti dopo aver segnato la sua unica rete in serie A. Il ritorno all’attività fu pressochè inutile con poche presenze nel Catanzaro prima di concludere la propria carriera.
Ma da allenatore, Scopigno si sarebbe imposto per le sue doti di tecnico ante litteram con un calcio senza fronzoli, affidato al libero estro dei singoli ma con un collettivo graniticamente impostato su una difesa con il libero a guidarla. Alle stagioni fortunate al Lanerossi Vicenza con un sesto ed un settimo posto ne seguì una poco felice a Bologna (esonero alla sesta giornata), finchè nel 1966 approdò a Cagliari a conclusione di un intermezzo con l’Inter del post Herrera.
Il capolavoro di Manlio Scopigno fu lo scudetto che gli isolani conquistarono nella stagione 1969-70 dopo il secondo posto dell’anno prima. Un Cagliari che aveva la sua spina dorsale in Albertosi-Cera-Nenè e le reti di Gigi Riva, il grande protagonista di quella irripetibile galoppata. Manlio rimase nell’isola fino al campionato 1971-72, per passare alla Roma nel 1973-74 ma solo per sei partite, dimettendosi a causa delle pressioni della piazza.
Infine il ritorno a Vicenza che guidò anche in B nell’ultima esperienza in panchina nel 1975 ma la malattia gli impedì di concludere il torneo cadetto. Si ritirò dal calcio ma rimase un punto di riferimento anche per i suoi commenti salaci e la sua inarrivabile ironia: non a caso da sempre viene ricordato come il Filosofo del calcio italiano.
A perenne memoria delle sue gesta con la maglia reatina, gli fu intitolato lo Stadio reatino “Centro d’Italia” e a lui è intitolato il torneo giovanile Internazionale che si tiene ogni anno a Pasqua oltre al premio per i migliori interpreti del calcio italiano, assegnati dalla Scopigno Cup.
Nella foto Scopigno in maglia Vaccarezza.
Foto: Tomassoni ©