(da corriere.it) Cinquecento anni. A compierli è il locale più antico di Roma (secondo alcuni del mondo): «La Campana», aperto fin dal 1518 nell’omonimo vicolo fra via della Scrofa e piazza Nicosia. Un ristorante dove la storia si intreccia con tante storie personali e dove da ben cinque secoli si mangiano tutti i piatti tipici della cucina romana: dalla coratella con i carciofi alla cacio e pepe, dalla trippa alla coda, dalla pasta e broccoli in brodo di arzilla alle animelle.
Così, per renderlo un compleanno indimenticabile, l’attuale titolare, Paolo Trancassini, discendente da una famiglia di Leonessa che a sua volta lo gestisce da più di cento anni, ha preparato festeggiamenti degni del luogo: un piccolo volume con la storia del locale (di Manuela Maggi ed Eva Osti che hanno fatto numerose ricerche); un secondo libro che sarà dato alle stampe più avanti dove sono invitati a scrivere i loro ricordi o un aneddoto gli attuali, abituali, clienti; un pranzo aperto a tutti i fornitori, anch’essi storici, come il fornaio e il macellaio di Campo de’ Fiori. «Vogliamo fare una festa insieme alle aziende che lavorano con noi da tanti anni e in cui abbiamo fiducia – spiega Trancassini – anche perché io non andrei mai a mangiare nel locale più antico di una città se non vi si mangiasse anche bene».
Le prime cronache raccontano, come è riportato ancor oggi sul menù, che «il vicolo della Campana da questo locale ha preso il nome, dove al numero civico 18 fino ai nostri giorni è sopravvissuto». E che i suoi battenti siano stati aperti nel 1518 è ricordato nel manoscritto «Taexae viarum» (ossia le tasse che si pagavano sulla manutenzione delle strade). Il locale è nominato anche in un censimento del 1526, dove si parla di Pietro de la Campana. Nel 1622 lo dirigeva un tal Giacomo, ma le memorie storiche proseguono fino ai giorni nostri. Ai primi del Seicento il ristorante è stato frequentato da un cliente diventato poi famoso: il pittore Caravaggio che sarebbe andato lì a pranzare mentre dipingeva nella vicina chiesa di Sant’Agostino. Allora era anche una stazione di posta (sempre sul menù è rappresentata una vettura con i cavalli), come dimostra un documento del 1854 affisso alla parete. Un altro storico cliente, Goethe, ricorda l’osteria nelle «Elegie romane», dove è citata anche una certa cameriera alla quale il grande scrittore tedesco avrebbe rivolto le proprie attenzioni.
Altri personaggi, più vicino a noi, si sono spesso seduti ai tavoli de La Campana: pittori come Picasso e Guttuso; scrittori e poeti come Pasolini o Elio Pagliarani (è stato frequentato dalla neoavanguardia letteraria del Gruppo 63); è stato il ristorante prediletto di Anna Magnani, Federico Fellini o di Maria Callas che dava spesso appuntamento a questi tavoli per parlare di lavoro (come è testimoniato dalle lettere oggi alla mostra «Callas e Roma»).
Ancora oggi il venerdì sera vi è il tavolo degli architetti con Francesco Purini; è facile quando è a Roma incontrarvi il presidente della Bce Mario Draghi o il direttore d’orchestra Riccardo Muti; il poliedrico artista Luigi Ontani ha sempre il suo tavolo fisso e lo sceneggiatore e scrittore Enrico Vanzina ha spesso ricordato i pranzi domenicali con i genitori a La Campana.
Ma soprattutto vi è un fascino senza tempo nelle tre stanze bianche con i dipinti di Roma e le antiche carte topografiche, negli arredi e nel tradizionale menù, nella familiarità dei camerieri che vi lavorano da decenni come Ernesto o Pino. «I miei trisnonni sono venuti qui da Leonessa nel 1830 – ricorda Trancassini (che di Leonessa è anche sindaco) con le sorelle Marina, Francesca e Alice – Poi ci sono stati il fratello della bisnonna Salvatore Iacobini e mio papà: è venuto qui a scuola da lui che aveva dodici anni».
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