Sono state presentate alla stampa, agli operatori turistici e culturali, alle istituzioni e ai cittadini le iniziative della “Valle del Primo Presepe”: un progetto che vede la Chiesa di Rieti, insieme ai Comuni di Greccio e Rieti, promuovere la riscoperta della radice spirituale del territorio, in collaborazione con Associazione Italiana Amici del Presepio, Confcommercio e Fondaco, grazie al sostegno della Fondazione Varrone e con la partnership di Autostrade per l’Italia e Regione Lazio. Le iniziative avranno corso dal 2 dicembre al 6 gennaio e comprenderanno esposizioni, concorsi e installazioni di arte contemporanea.
È a partire dal bue e dall’asino che il vescovo Domenico ha voluto indicare la direzione della “Valle del Primo Presepe”. Presentata ieri con una conferenza stampa nella chiesa del Santuario di Greccio, l’iniziativa intende infatti contrastare la dimenticanza di quanto è accaduto a Greccio nel 1223, quando san Francesco diede forma al primo presepe. Il bue e l’asino, nella Bibbia, sono gli animali che, al contrario del popolo, sanno riconoscere “il padrone”, ovvero ciò che è decisivo, «il creatore, ciò da cui tutto proviene», ed è forse per questo che Francesco li vuole come unici due co-protagonisti della rievocazione della Natività.
La Chiesa si fa dunque interprete di una iniziativa che ha innanzitutto una ragione spirituale e culturale. «Ma lo spirito e la cultura non sono esangui – ha avvertito mons. Pompili – hanno sempre delle ricadute, e io mi auguro che ci possa essere anche una sorta di beneficio per il nostro territorio».
Un ritorno atteso senza dubbio dagli attori che condividono il progetto con la diocesi, e in particolare i comuni di Greccio e Rieti e la Confcommercio, che non hanno mancato di sottolineare la speranza di un ritorno economico e occupazionale dell’iniziativa. Consapevoli, per usare le parole del primo cittadino di Greccio, Antonio Rosati, che non si può prescindere «dalla nostra specificità e dalla capacità di fare sistema», anche perché «siamo i custodi di qualcosa che ha sempre unito, dell’iconografia di una famiglia». Dello stesso avviso anche il vicesindaco di Rieti, Daniele Sinibaldi, per il quale è necessaria al processo economico «la parallela riscoperta da parte dei cittadini dell’integrità di quanto è accaduto nella valle con san Francesco».
All’aspetto più culturale è invece attenta l’altra collaborazione del progetto: quella con l’Associazione Amici del Presepio. «L’iniziativa è molto importante per far conoscere un qualcosa che dovrebbe essere in realtà già ben conosciuto, ma così non è» ha spiegato il presidente Alberto Finizio. «Eppure il presepe è partito e si è diffuso da Greccio in tutto il mondo» . La “Valle del Primo Presepe” cercherà allora di dare conto di questo sviluppo, attraverso un’esposizione diffusa tra Greccio e Rieti che arriverà a far contare circa mille presepi, ma con lo scopo di tornare all’orginale, all’essenziale punto di partenza. In questo il vescovo trova un aiuto nell’indicazione lasciata da papa Francesco nel registro dei visitatori di Greccio: «Ci ha detto di scoprire la stella e cercare il bambino».
La stella è ciò che illumina, orienta e dà la prospettiva. «Nel nostro caso – ha spiegato don Domenico – credo che questo significhi trovare uno stile di cooperazione che metta insieme tutte le forze del nostro territorio», perché «questo è ciò che rende un territorio minuto non irrilevante»; la cooperazione avviata dalla “Valle del Primo Presepe” è inoltre un modo per rendere giustizia a chi, «in solitudine, ha cercato di tenere desta questa forma di memoria». Il tempo è dunque maturo per aspirare a qualcosa di più ambizioso, a patto di «superare stanchi campanilismi e forme ataviche di separatezza». Cercare il bambino è invece il cuore spirituale del progetto: riscoprire la rivelazione di Dio, cercare la vita. «Soprattutto in questo nostro territorio», dopo il sisma, «nelle forme oggi a noi compatibili e sostenibili». Non a caso, le opere dell’artista brasiliano Sidival, che saranno ospitate sotto le volte del Palazzo Papale, guarderanno proprio a questa dialettica tra “nascita e rinascita”.
«Vorrei formulare l’augurio – ha concluso il vescovo – che questa iniziativa sia un segno di rinascita, un segno che per funzionare dovrà concentrare l’attenzione su quello che qui Francesco ha fatto: sulla mangiatoia, prima che sul presepe». Come a dire che il riscatto e la rinascita del territorio non avverrà con toni pretenziosi, ma con la modestia e la pazienza, il lavoro costante, e attraverso la ricerca, la riscoperta della sua identità. «Un’identità – ha concluso il vescovo – che in qualche modo farà anche la nostra originalità». Ma per questo c’è molto da fare: siamo ancora agli inizi.
Foto: Gianluca VANNICELLI / AGENZIA PRIMO PIANO ©