Risposta del vescovo Domenico Pompili alla lettera aperta con la quale il sacerdote abruzzese Don Aldo (leggi) ha criticato il suo invito ai parroci reatini a celebrare messe “ad petendam pluviam” durante le fasi più drammatiche dei recenti incendi.
Caro don Aldo,
forse non ricordi che esattamente un anno fa, dopo il terremoto di Amatrice, dissi che «il terremoto non uccide; uccidono piuttosto le opere dell’uomo». Figurarsi se di fronte agli incendi seriali di questi giorni mi viene da invocare il miracolo piuttosto che stigmatizzare le responsabilità umane che sono sotto gli occhi di tutti.
È stato allora un colpo di sole a farmi chiedere la preghiera per la pioggia? Tutt’altro. Se ti fossi trovato presso le casette provvisorie di Accumoli appena consegnate e lambite dal fuoco, avresti capito. Se fossi stato accanto ai vigili del fuoco e a tanti volontari che hanno trascorso giorni interi a spegnere le fiamme, in attesa dei canadair, avresti compreso che di fronte all’irreparabile resta solo il grido. Tale era il senso del mio invito. Gridare l’insensatezza di questa distruzione del creato e gridare perché dopo il terremoto ci venisse risparmiata questa ennesima tragedia.
Ps. Quanto alla danza per la pioggia, secondo gli antropologi svolgeva una funzione di coesione sociale. Quei ‘primitivi’ probabilmente erano più avvertiti di noi che il ritmo della natura va rispettato e non compromesso.
Foto: RietiLife ©