IL REPORTAGE – Viaggio tra i beni liturgici messi in sicurezza dopo il terremoto

(di Sabrina Vecchi) Oltre 4000 pezzi tra arredi, dipinti, statue, campane ed oggetti sacri. Siamo alla Scuola del  Corpo Forestale dello Stato di Cittaducale, ora assorbita dall’Arma dei Carabinieri, in un uno dei depositi dove sono stipati, catalogati, restaurati e monitorati i beni liturgici di proprietà della Diocesi di Rieti messi in sicurezza dopo il terremoto dello scorso 24 agosto.

A guidarci in questo singolare viaggio, la dottoressa Cristina Collettini del MiBACT, che da un anno a questa parte lavora senza sosta insieme ai suoi collaboratori ed in sinergia con gli operatori della Curia e del Nucleo per la Tutela Patrimonio Culturale dell’Arma dei Carabinieri per salvaguardare e conservare il patrimonio artistico tratto in salvo dai crolli delle chiese di Amatrice, Accumoli e frazioni.

“Le operazioni di recupero sono partite all’incirca a fine agosto dello scorso anno, subito dopo il termine dei soccorsi alle persone – dice la Collettini – iniziando ovviamente dai luoghi dove era possibile accedere, considerando anche le continue scosse. La prima fase è stata la schedatura del bene, avvenuta direttamente sul posto: un dettagliato modulo riporta infatti tutti i dati relativi a ciascun oggetto, tra cui la data del recupero, il luogo, le caratteristiche, gli eventuali danni che in larga parte sono stati sistemati in loco dai nostri restauratori. Successivamente ogni bene, scortato ed opportunamente imballato, è arrivato qui per essere sottoposto ad ulteriori controlli ed accertamenti incrociati e collocato in un luogo consono”.

Mentre la dottoressa illustra il proprio lavoro, scorre sotto i nostri occhi un vero concentrato di opere d’arte sacre: tele, calici, crocifissi, ognuno con il proprio cartellino identificativo riportante il nome della struttura da cui è stato prelevato. Si tratta in prevalenza di chiese, ma ci sono anche le opere del museo Cola Filotesio di Amatrice, ed alcuni oggetti che erano collocati dentro l’ospedale Grifoni.

Il deposito, sito all’interno dell’area militare, prima del terremoto era un autoparco situato sui resti della vecchia chiesa di San Francesco di Cittaducale: come dire, un destino segnato. A seguito del sisma, le opere sono state dapprima depositate in un tir climatizzato del Corpo Forestale, poi, man mano che la struttura veniva consolidata e sistemata per accoglierle, hanno trovato la collocazione corrente.

“Questa struttura garantisce la massima sicurezza per il patrimonio che accoglie. E’ presidiata h. 24 da 16 telecamere, gode di sistemi antifurto ed i rilevatori consentono monitoraggi climatici costanti e continui. Prima dell’installazione dei sistemi di sicurezza, le opere sono state protette dai turni di guardia dei Carabinieri. Ogni scaffalatura inoltre è stata pensata e costruita per accogliere le varie tipologie di oggetti, con relative accortezze antiurto e sigillature da terra. Abbiamo voluto un sistema di ponteggio a tubo giunto indipendente dalla struttura esterna del deposito, una scelta che ci ha permesso di salvare tutti i beni dalla violentissima scossa del 30 ottobre: le scaffalature si sono infatti mosse con oscillazioni autonome rispetto a quelle del capannone e nulla ha riportato danni”.

La dottoressa Collettini e Lorenzo Serva, incaricato della Diocesi di Rieti, ricordano quanto alcuni recuperi siano stati complicati, molti dei quali avvenuti in condizioni di pericolo e durante la copiosissima nevicata dello scorso inverno: “il crocifisso di Preta, i quadri del museo, il gruppo scultoreo della chiesa di san Francesco, le pesantissime campane, ma il recupero più difficile è stato sicuramente quello della Madonna di Sommati: era in una nicchia, siamo riusciti a recuperarla solo aprendoci un varco dall’esterno”.

Per quanto riguarda le tempistiche in cui gli oggetti torneranno “a casa”, il MiBACT è moderatamente ottimista: “nessuna messa in sicurezza è improvvisata, ciascuna scelta è studiata e ragionata perché faccia da base al restauro definitivo. I nostri ponteggi non sono semplici puntelli da togliere e poi rimettere, sono frutto di scelte specifiche che serviranno da appoggio per il rispristino definitivo, poiché nel nostro lavoro effettuare un intervento sbagliato e non ponderato può voler dire perdere il bene. Porto l’esempio della chiesa di San Martino: si sarebbe salvata se non fosse crollato un cordolo di cemento armato, frutto di un restauro fatto male”.

Un discorso a parte è stato fatto per l’Icona Passatora, la cui gigantografia campeggia all’ingresso del deposito, per permettere ai restauratori di lavorare nel dettaglio pura distanza. Ogni frammento, anche il più piccolo, è stato raccolto, stipato, catalogato e portato qui. Attraverso una serie di fotografie e monitoraggi quasi millimetrici sono stati studiati gli affreschi, e tramite un sistema che potremmo definire “a battaglia navale” ne è stata ricostruita la collocazione per metterli in sicurezza e proteggerli dalle scosse successive, soprattutto da quelle di fine ottobre. Difficile comprendere, da profani, come possa essere messo in sicurezza un affresco.

Ma si può fare, ci spiegano, basta usare i giusti metodi. Sugli affreschi dell’Icona è stato depositato uno strato di carta giapponese unito ad una miscela collosa, specifici per l’uso, ovviamente: il tutto ha fatto da collante, creando una patina di protezione che ha impedito ai dipinti di cadere durante le sollecitazioni sismiche. E mentre ci avviamo a concludere la giornata, i dipendenti del MiBACT e della Curia si apprestano a concludere l’iter burocratico per far “uscire” temporaneamente la statua di Santa Savina di Voceto dal deposito.

“Il nostro lavoro molto spesso va oltre le funzioni menzionate dalle direttive, per venire incontro ad esigenze affettive e simboliche – spiega la Collettini – per richiesta dei cittadini e concessione del vescovo Pompili, Santa Savina verrà come da tradizione portata in processione nella frazione di Amatrice. Poi si attiverà l’iter di riconsegna e in attesa del suo ritorno definitivo a Voceto tornerà qui, al sicuro”. Foto: Gianluca VANNICELLI/Agenzia PRIMO PIANO ©

 

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