(di Sabrina Vecchi) Ci sono lavori che si portano a termine solo ed esclusivamente per passione, per tenacia, per amore. Ed è l’amore per la propria terra oltre a quello per il proprio lavoro che ha spinto il giornalista reatino Fabrizio Colarieti a scrivere il libro “Tre e trentasei“, edito Funambolo. Fabrizio, giornalista professionista e volto notissimo in città, quel tragico 24 agosto fu uno dei primi a giungere sui luoghi del terremoto.
A partire da quei primi minuti Colarieti ha iniziato a memorizzare, raccogliere testimonianze e fotografare mentalmente le situazioni che si presentavano di fronte ai suoi occhi, per poi integrare quelle immagini con il meticoloso lavoro di ricerca svolto nei mesi successivi . La lucida analisi della macchina dei soccorsi tracciata nel libro muove il lettore attraverso storie di salvati e salvatori, scoprendo le corde emotive di chi quel giorno si trovò ad operare in uno scenario di guerra.
“Tre e trentasei” è dedicato prima di tutto a loro, a tutti quelli che in quei momenti non hanno pensato a null’altro se non a portare in salvo più persone possibili. Il libro è stato presentato a Rieti in una sala dei Cordari strapiena, alla presenza delle autorità cittadine e del Capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio che ha portato il suo saluto.
Tra il pubblico, tanti uomini e donne in divisa, molte squadre dei Vigili del Fuoco e poi Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, Soccorso Alpino ed operatori sanitari. Tutti, quella notte si misero immediatamente al lavoro, molti senza essere neppure chiamati, ed a volte anche a rischio della propria stessa vita rimasero per giorni nei luoghi straziati del terremoto: si calarono sotto le macerie, spostarono travi e massi, gridarono senza sosta il nome delle persone scomparse con la gola che bruciava di caldo e polvere. “Lì non senti la fame, non senti la sete, non senti la fatica, sembra che la testa ti esploda nel casco ma non hai nessuna intenzione di smettere di scavare” racconta un vigile del fuoco.
Fabrizio Colarieti dedica a queste persone un volume che dovrebbe farsi spazio in tutte le case, per non perdere memoria delle azioni di chi dice di aver operato “solo per dovere d’ufficio”. Ma è molto, molto di più.
Foto: Francesco PATACCHIOLA ©