(di Sabrina Vecchi) Con la morte di Giorgio Albertazzi se ne va un pezzo di storia italiana. Autentico istrione del teatro, esordì nel 1949 sotto la direzione di Luchino Visconti fino a lavorare instancabilmente e con l’adrenalina di un debuttante fino ai nostri giorni. Più volte tra le assi del Flavio Vespasiano di Rieti, Albertazzi ci tornò l’anno scorso proprio per l’ultimo spettacolo della sua carriera, “Il Mercante di Venezia” di William Shakespeare.
LA RECENSIONE DEL MERCANTE DI VENEZIA – IL VIDEO
Per la sottoscritta, che lo incontrò per l’ultima volta in quell’occasione nei camerini, l’emozione di ricevere un saluto d’altri tempi (Albertazzi, si sa, era un vero e proprio cultore del genere femminile, amava circondarsi sempre di donne anche sul lavoro “per ringraziarle della loro presenza nella mia esistenza”), e di intavolare una piacevole conversazione con un finissimo conoscitore delle arti teatrali. Mentre ricordammo la sua “titanica” impresa della messa in scena di “Moby Dick” di Melville, in cartellone pochi anni prima anche al teatro Verdi di Terni, Albertazzi mi raccontò la sua personale ricerca della balena bianca, ma, i lettori me lo consentiranno, le confidenze di un attore sono sacre.
Rietilife torna a raccontarvi quella serata memorabile per il pubblico reatino.
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Foto (archivio) RietiLife – RENZI ©