Con un intenso articolo a firma di Fabrizio Tomassoni pubblicato stamattina sul Corriere di Rieti, RietiLife ricorda Armando Moronti detto Lottino, una figura storica della città.
L’11 maggio 1996 in una camera dell’ospedale San Camillo de Lellis di Rieti, all’età di 79 anni, se ne andava in silenzio Armando Moronti, da tutti conosciuto in città con il soprannome di Lottino.
Armando riuscì a ‘disegnare’ , nella sua parabola non facile di vita, un personaggio assolutamente irripetibile: era figlio di Vittorio Moronti e di Zeffira Lamioni… quella Zèffera che, nella leggenda metropolitana reatina, è ancor oggi ricordata, anche lei, come un autentico unicum. Zèffera, che a Carnevale era una ‘maschera umana’ capace da sola di caratterizzare l’aria tipica dei giorni spensierati dedicati a Re Carnevale; Zèffera, che dalla casa fatiscente dei Pozzi, sciamava in città per incarnare, a modo suo, uno spaccato di quella società civile, semplice, sempre costretta ad arrabattarsi quotidianamente per sbarcare il classico lunario tra mestieri ora antichi, ora improvvisati.
Armando Lottino, fu espressione genuina di questo ‘miscuglio magico’ nel quale il binomio povertà-dignità mai vennero meno, in bilico tra il bohémien e il disperato. Il suo palcoscenico fu una Rieti diversa, nella quale tutti si conoscevano, tutti cercavano di vivere, e anche di sopravvivere, al meglio, magari in reciproco aiuto, racchiusi in un guscio che, col tempo, al suo schiudersi non ha reso quel che sembrava promettere allora.
Come in un flash-back, lo rivediamo ancora oggi, Armando, con il suo banchetto in piazza del Comune, tra il negozio di elettricità di Gianni Pilati e l’angolo con la bottega di stoffe di sor Carlo Ricci su Via Roma: fermava tutti, cercava di rifilarti un accendino, una ricarica ma anche un ombrello, un orologio o un paio di calzini. Mai però con fare maleducato o irrispettoso, forse solo insistente!
Ogni tanto, specie all’ora dei pasti, alzava al cielo le note casarecce di Firenze sogna o di La canzone del carcerato con quella voce para-baritonale: per anni, Mario Celleno lo aiutò con generosità, perché nessuno gli negava un piatto di pasta o di minestra.
Quant’è difficile l’arte di vivere, tanto Armando ne incarnò, a modo suo, i risvolti più inediti! Così, perfino quel viaggio dietro le sbarre, talvolta, era figlio di una necessità che mal si coniugava con la vera volontà di infrangere la legge.
Ma Armando Moronti Lottino viveva soprattutto per il calcio e per la sua SS Rieti: in casa, arringava la tribuna del “Fassini” con analisi dal sapore… lunare, suggeriva e imprecava all’allenatore di turno formazione e tattica: poi, conclusa la partita, si faceva portare a Porta Cintia, pochi metri e irrompeva al Pidocchietto e, mettendosi davanti allo schermo, dava in diretta il risultato della partita degli amarantocelesti; in trasferta, spesso si presentava come il presidente del Rieti ma anche il Barone Lotto da Rieti o il Conte Lotto da Rieti, mentre esibiva collane e anelli a volontà.
Lo ricordo in una delle sue ultime trasferte al “Fattori” di L’Aquila, serie D primi anni ’90, quando nel pre-partita ripropose Firenze sogna e poi svuotò la sua borsetta di accendini su mezza tribuna dove convivevano sereni reatini e aquilani.
Allo stadio “Manlio Scopigno” sembrava non sentirsi a proprio agio…gli mancava quella rete metallica che aveva accompagnato le mille tribolazioni e le mille gioie di mille partite: dalla serie C della Supertessile alla serie B della Vaccarezza, dalla SS Rieti della ricostruzione del 1950-51 fino alla stagione di Gaetano Papalia e poi l’alba del nuovo Fc Rieti di Nunzio Rucci che, purtroppo, non riuscì a vedere.
Tutto questo fu Armando Moronti Lottino, uscito dal cilindro di una reatinità senza repliche che oggi fa tirare abbondanti sospiri di rimpianto per essersene andata troppo in fretta, finanche con simili personaggi. A cui dobbiamo essere inopinatamente grati, essendo stati capaci di farci intravvedere una esperienza di vita da vivere sempre e soltanto con la gente, tra la gente, per la gente!
Ecco perché siamo certi che, a vent’anni dalla scomparsa, Armando griderà ancora, anche lassù, quel suo magico FORZA RIETI!
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