Il tessuto economico reatino perde ulteriori 78 imprese (-0,53%) nel primo trimestre 2016 a fronte di 256 nuove iscrizioni e di 334 cancellazioni dal Registro delle Imprese della Camera di Commercio. È quanto emerge dall’analisi dei dati ufficiali sulla natalità e mortalità delle imprese tra gennaio e marzo 2016, diffusi da Unioncamere – InfoCamere, secondo cui il numero di imprese a livello nazionale si è ridotto di 12.681 unità. Una flessione comune a tutti i trimestri di inizio d’anno tradizionalmente caratterizzati da un bilancio negativo a causa del concentrarsi delle cancellazioni sul finire dell’anno precedente.
I primi tre mesi dell’anno hanno fatto registrare una sostanziale stabilità delle iscrizioni che ammontano a 114.660 unità (+158 rispetto allo stesso periodo del 2015) e una sensibile riduzione delle chiusure scese a 127.341 unità. L’intero saldo negativo del trimestre può sostanzialmente essere attribuito alle imprese artigiane. Le cancellazioni (40.218) sono le più basse degli ultimi dieci anni, ma anche le iscrizioni hanno continuano nella loro lenta e costante flessione: il dato del trimestre da poco concluso è il più basso dal duemila ad oggi. Di segno negativo il dato delle imprese artigiane nel nostro territorio, con una provincia di Rieti in cui si registrano 62 nuove imprese a fronte di 134 cancellate, con un saldo di -72 imprese pari ad un tasso del -1,89%.
I settori che vedono aumentare in modo apprezzabile la propria base imprenditoriale sono quelli del noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese (+1.579 imprese, di cui 483 artigiane), le attività immobiliari (+896) e l’alloggio e la ristorazione (+662). Sul fronte opposto ad arretrare maggiormente sono i settori delle costruzioni (- 6.294 imprese, -0,74%) e del commercio (-5.680 unità, -0,37%).
Tra le forme giuridiche, il segmento più dinamico del nostro tessuto imprenditoriale continua ad essere quello delle società di capitali, aumentate di 13mila unità (pari ad un tasso di crescita dello 0,88%). Una vitalità che solo in parte riesce a controbilanciare il saldo negativo delle ditte individuali, diminuite nel periodo di 20.930 unità (pari allo 0,65% in meno). Un risultato quest’ultimo comunque migliore di quello del 2015 quando si attestò a -25mila unità.
L’analisi a livello territoriale mostra saldi negativi in tutte e quattro le grandi ripartizioni, ciascuna comunque in miglioramento rispetto ad un anno fa. Tra le regioni, Trentino-Alto Adige, Lazio e Campania sono quelle che fanno registrare un saldo positivo per quanto contenuto rispettivamente con 69, 714 e 33 imprese in più. Delle altre, la sola Emilia-Romagna ha chiuso il primo trimestre 2016 con un risultato peggiore del 2015. Tra gli artigiani, nessuna regione chiude in positivo e sono cinque quelle in ulteriore contrazione rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno: Friuli Venezia Giulia, Liguria, Umbria, Molise e Sardegna.
Per quanto riguarda i fallimenti, tra gennaio e marzo le imprese che hanno aperto una procedura fallimentare sono state 3.396, contro le 3.588 del primo trimestre del 2015. In termini percentuali, si segnala un nuovo deciso rallentamento (-5,4%), dopo quello lieve del 2015 (-0,5%). Il fenomeno dei fallimenti riguarda comunque, rispetto ai 6 milioni di imprese del tessuto economico nazionale, un numero di aziende molto limitato, nell’ordine di 6 unità ogni 10mila.
Osservando la distribuzione dei fallimenti per settore, quello che contribuisce maggiormente in termini assoluti è il commercio (794 fallimenti, pari al 23% del totale). Seguono l’industria manifatturiera con 656 eventi (19,3%) e le costruzioni con 644 (19,0%). Quanto all’incidenza del fenomeno – al netto dei settori di minori dimensioni – l’esposizione delle imprese al rischio di fallimento è più elevata tra le attività manifatturiere (11,3 aperture ogni 10mila imprese registrate).
L’analisi per forma giuridica dell’impresa, mostra come la contrazione del flusso di nuovi fallimenti è il risultato di dinamiche opposte. A fronte di un aumento dell’1,7% dei fallimenti delle società di persone e del 2,3% delle “altre forme” (consorzi e cooperative), si registra la diminuzione dei default di Società di capitali e imprese individuali (rispettivamente -6,3 e -9,9% rispetto al primo trimestre del 2015).
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