Su RietiLife, il racconto da Bruxelles della reatina Stefania Betti, 26 anni, nella capitale d’Europa per lavoro: la sua mattinata nella città colpita dagli attentati all’aeroporto e alla metropolitana.
“Quando ho aperto gli occhi era una splendida mattina tersa a Bruxelles, il sole era già spuntato da dietro i tetti rossi delle case, le nuvole rosa volavano lente spinte pigramente dall’aria fresca delle 8:00. Abito a nord della città, vicino al giardino botanico e al quartiere finanziario, ma lavoro dalla parte opposta, quasi alla stazione sud, e per questo prendo il tram tutte le mattine. Potrei prendere la metro ed arrivare prima, ma il tram mi regala ogni giorno la vista mozzafiato della torre del comune da Mont des Arts, e vi assicuro che ne vale davvero la pena”.
“Ho deciso di andare a lavoro a piedi e godermi la mattinata. Ho spento i telefoni, messo le cuffie e mi sono avviata per i quartieri di Bruxelles che mi hanno fatto innamorare di questa città quattro anni fa, percorrendo tutta Rue Royale e riempiendomi gli occhi di bellezza. All’angolo con il Parco, mi sono fermata a guardare l’arco del Cinquantenario in lontananza, la bandiera belga immobile nell’aria ferma. Poi il Palazzo Reale e la piazza dei Musei, il mio adorato Mont des Arts e la chiesa del Sablon, fino ad arrivare all’immenso palazzo di giustizia e alla rotatoria di Louse, nodo commerciale e fermata abituale del mio tram”.
“Non ho saputo nulla fino a quando non sono entrata in ufficio e il sorriso che si era dipinto sul volto durante tutta la passeggiata si è spento brutalmente. Attacco all’aeroporto di Zaventem, una bomba alla stazione di Maelbeek, il mio telefono spento che probabilmente sta facendo preoccupare tutta la mia famiglia. Non posso credere che stia succedendo davvero, ma le sirene e i giornali locali confermano che sì, è tutto vero, e faremmo bene a rimanere tutti dove siamo e non uscire di casa. Arrivano notizie discordanti dai media locali e da quelli italiani, dai messaggi sui social e dalle foto che trapelano su internet e facciamo fatica noi stessi a ricostruire l’accaduto, figuriamoci chi non lo sta vivendo. Siamo insieme in ufficio, increduli, a dirci che siamo fortunati. Molto fortunati“.
“Mi sento impotente, l’unica cosa che posso fare è tranquillizzare chi si preoccupa per me che sto bene, al sicuro, anche se la mia Bruxelles con tutte le sue bellezze è malata e abbattuta. Sono mesi che in Belgio è al centro di polemiche e racconti di terrore, e sono mesi che mi oppongo a questa propaganda spiegando che i media non fanno che ingigantire una situazione relativamente tranquilla. Anche se oggi è più difficile, sono le stesse identiche parole a venirmi fuori dal cuore: questo clima di terrore non deve vincere, tutti questi attacchi non devono impedirci di vivere le nostre vite, e la nostra generazione, i nostri genitori, i nostri amici e colleghi non devono perdere la speranza”.
“Stamattina la mia città e il mio Paese adottivi sono stati feriti dall’odio e dall’ingiustizia, e non posso negare di sentirmi inerme, spaventata, e incredibilmente stanca e frustrata nel constatare che il mondo in cui viviamo è lontano da come lo immaginavo qualche anno fa. Ma sono anche molto arrabbiata, perché è stato colpito il cuore della città dove vivo e cresco e nessuno dovrebbe permettersi mai, mai, di rovinare tanta bellezza. Mi unisco al dolore di quanti oggi hanno perso una persona cara, ma non mi tiro indietro nel testimoniare che Bruxelles è la città che mi ha dato un lavoro, degli affetti, avventure e ricordi. E soprattutto la vista mozzafiato della torre del comune da Mont des Arts, tutte le mattine, in tram”.
Foto: Twitter ©