(di Sabrina Vecchi) Che questo vescovo fosse particolarmente sensibile alle tematiche lavorative si era percepito fin dal suo insediamento a capo della Diocesi di Rieti, anzi per essere esatti da subito dopo la nomina quando, ancora da Roma, monsignor Pompili ha iniziato ad informarsi sulla situazione occupazionale reatina.
Oggi nella Basilica di S.Agostino in occasione del Giubileo dei Lavoratori, alla presenza delle rappresentanze sindacali e di categoria, dei vertici aziendali e delle istituzioni, il vescovo ha tracciato un bilancio degli incontri svolti nei mesi e nei giorni precedenti all’evento giubilare, ponendo ancora una volta l’accento sulla centralità del lavoro nella vita dell’uomo.
“Se l’economia non serve l’uomo a che cosa serve? ” – ha detto Pompili – “Ci sono almeno tre fatti che chiamano in causa il modello di sviluppo che stiamo costruendo: il primo è la separazione tra economia e società, il secondo è la separazione tra economia e lavoro, il terzo è la separazione tra economia e democrazia”.
Non sono mancate parole di conforto verso le persone che faticano a trovare una collocazione occupazionale, e che spesso concentrano le proprie energie nella vana speranza di ricevere “un colpo di fortuna”, e verso coloro che mollano la spugna schiacciati da morse più grandi di loro, con un ricordo verso Silvio Paoselli, il mugnaio che lo scorso anno scelse il suicidio pur di non vedersi togliere l’amatissimo mulino (leggi).
La chiesa locale si stringe dunque intorno ai deboli e si dimostra disponibile all’ascolto con l’obiettivo di ottenere giustizia sociale e dignità per tutti pungolando ancora una volta le classi dirigenziali e spronandole ad incentivare le assunzioni e concentrarle durante l’Anno della Misericordia. “È necessario rischiare e mettersi in gioco tutti”, ha concluso il vescovo, “dall’imprenditore all’operaio, dai sindacati alla politica, perché sempre di più il lavoro sia una impresa sociale. Da questa capacità di metterci ognuno qualcosa di proprio nascerà qualcosa di nuovo”.
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