Dagli Stati Uniti arrivano i saluti di Flaminia Gianfelice da Cedar Rapids nello stato dell’Iowa. La studentessa reatina si trova negli USA per un anno scolastico con AFS Intercultura dopo aver vinto nel concorso dello scorso anno, una delle borse di studio della Fondazione Varrone. Lei come gli altri ragazzi di Rieti (7 in USA e 2 in Cina) ci ha scritto per condividere con tutti noi la sua esperienza.
Quest’anno, al posto del salmone sul burro spalmato, la vigilia di Natale subisce qualche cambio di programma. Cookies overdose, Starbucks coffee, sfornate di dolci al limite del diabete e sindrome da “Netflix bench”, ovvero sedentarietà sul divano causa Christmas movies. E chi tra di noi osa sfuggire ai classici throw back to 1992: “Mamma ho perso l’aereo”, ad esempio? Io ad oggi ho la fortuna di guardarmeli in lingua e terra natia. Il polo nord qui te lo trovi ad ogni angolo e, bisogna ammetterlo, questi Americani sono i maestri del Natale!
Prima di partire con Intercultura ci fu detto: “Siete in 10 ed il 20% di voi cambierà famiglia”. Io l’ho cambiata e rientro in quelle statistiche. Un Americano esclamerebbe: “That was a big deal”! Ovvero, “Quello è stato un grand’affare”! E così è. Ormai un mese che mi sono trasferita e la mia esperienza ha finalmente preso la piega che volevo, quella che meritiamo. Gli Hellman’s sono la mia casa. Al punto che realmente comincio a riflettere se l’idea di “casa” sia un luogo concreto e reale o piuttosto un sentimento. Io sono la loro quinta figlia sebbene i caratteri biologici chiaramente rivelino la mia vera identità.
La mia famiglia negli States ha origini norvegesi, ed il sangue scandinavo di certo non mente: occhi ghiaccio e chioma albina. Poi, accanto a loro ci sono io: regolare castana, nativa ed importata dalla mia bella terra mediterranea. In casa siamo 8: Steve il papà, la dolce Teresa, Jesse al college, Mandy la mia high-schooler, Megan 15 anni, il giovane Ben e Teddy. Perché voglio bene a tutti loro? Perché ognuno ha colto il senso più bello dell’exchange: il lato doppio, il lato reciproco di scambio che ti arricchisce e ti rende ben orgoglioso della tua scelta.
Lo slogan AFS “connecting lives, sharing cultures” nel mio caso, ha proprio fatto centro. E dal momento che non mi piace raccontare della mia vita in questa casa per lo più sotto forma di cronaca, parlerò principalmente col cuore: queste persone rendono felice la mia giornata. Alcuni di voi avranno presente la sensazione di quando, persino dormendo a casa del più caro amico, vi manca il vostro letto e tutta la camera. Confesso, ho sempre preferito il mio di letto, ma da un bel po’ tanti ne ho cambiati e in ognuno mi sono sentita nel mio, a casa. Dico grazie, AFS!
La mia è una comunità piccolina. Mi trovo nella seconda città più grande dell’Iowa, distese di grano che non finiscono mai e danno spazio solo a poco più di 3 milioni di abitanti in tutto lo Stato. Non ci sono particolari attrazioni, seppure l’educazione scolastica e la medicina siano tra i primi posti in tutti gli Stati Uniti. Cara gente, queste sono le risorse del Midwest: forni buonissimi gestiti da comunità Amish, neve a palate, ed il Natale che vediamo nei film. Poi tutt’intorno Chicago, Kansas City, Minneapolis, il verde del Wisconsin, le famose teste scolpite dei presidenti e nessuno ci pensa due volte a farsi ore di macchina per attraversare il confine. Iowa? Football, grande professionalità da parte di tutti e… 70% zone rurali.
Argomento scuola, non più tasto dolente! Soffrirò letteralmente al tornare da Cicerone e traduzione greca fra non più di 10 mesi. In America la scuola superiore è… un asilo. Nei corsi più difficili può raggiungere il livello di scuola media. Ad esser sincera questa è una delle parti più gradite e che tutti poi, in fondo conosciamo. La prima settimana è stata abbastanza inquietante. Non vi aspettiate un coetaneo che si presenti e vi guidi a lezione. Ognuno va dritto per la sua strada, a contrario di noi italiani che alla pausa caffè al cambio dell’ora non ci rinunciamo mai. I professori invece sono mamma e papà: gentilissimi, disponibili fino a sera. Col tempo ti abitui a scrivere con la matita, a non avere compiti e a disporre di un nuovissimo Macbook fino alla fine dell’anno. L’America si fa amare! Nelle attività extrascolastiche io mi limiterò agli sport primaverili, ma qui veramente esiste roba di cui ignoravo persino l’esistenza. Dal basket o football più diffusi, fino al bowling ed il club di lettura. Insomma, qualunque cosa a cui puoi vagamente rivolgere interesse, alla PHS puoi realizzarla. Esiste addirittura un club mirato ad un sostegno “coming out” per studenti di ogni orientamento sessuale.
Per finire direi che la parola chiave della mia esperienza è IMPARARE. Fino all’11 Agosto ritenevo di dover ricevere solo ” da chi è come o meglio di te”, diceva mia madre. Mi accade ora di imparare da tutti, nel mondo più semplice e concreto. Che sia la chimica con la scuola, imparare a disinfettare il water con tua sorella o la parola nuova captata dal bambino sull’autobus. Imparare a voler bene a qualcuno che non sa nulla della tua lingua. Forse questo è il regalo più grande. Buon Natale Rieti. Foto: INTERCULTURA ©