Simone Petrangeli ventunesimo nella classifica di gradimento di sindaci italiani. Lo rivela la Governance Poll pubblicata dal Sole 24 Ore in edicola stamattina: insieme a lui, nella stessa posizione, il sindaco di Reggio Emilia, Caltanissetta e Grosseto. Petrangeli ha il 58,5% di consensi e registra un calo dell’8,7% rispetto all’elezione 2012. Primo tra tutti è il sindaco di Firenze, erede di Matteo Renzi, Dario Nardella con il 65% di consensi, seguito da Decaro di Bari e Gori di Bergamo, tutti del Partito Democratico. Il primo cittadino di Rieti è anche il più “gradito” del Lazio, visto che Michelini (Viterbo) è 43esimo, Ottaviani (Frosinone) è 67esimo, Marino (Roma) è 82esimo e Di Giorgi (Latina) è 95esimo. Sempre secondo il Sole 24 Ore, nella Governance Poll 2012 (pubblicata nel 2013) Petrangeli era settimo (leggi) ed in quella 2013 (pubblicata nel 2014) era ottavo (leggi). Anche secondo Datamedia (nel 2013) Petrangeli era ottavo (leggi) e sempre primo nel Lazio. LE PAROLE DI PETRANGELI “Dopo quanto successo a Cattaneo, incoronato come sindaco più amato e che ha poi perso le elezioni, credevo che questo studio lo avessero abolito. Va sempre preso con le molle – dice Simone Petrangeli – comunque più che alle posizioni guarderei alle percentuali: avere quasi il 60% di gradimento è un risultato più che lusinghiero, sorprendente. Credo che nel giudizio dei cittadini il ripristino della legalità, contabile ma non solo, in Comune sia un elemento fondante. Viene apprezzato che alla guida della città di Rieti ci sia una persona onesta. In due anni e mezzo abbiamo fatto una rivoluzione in Comune, ora diverso rispetto a quando ci siamo entrati per la prima volta. Abbiamo rotto un sistema di potere e clientela che durava da anni. Raccolgo con ottimismo l’esito di questo sondaggio: mi fa ben sperare per la seconda parte del mandato. La campagna fatta contro di me non è servita, i cittadini pensano con la loro testa”. Petrangeli, primo nel Lazio, è anche il primo dei sindaci “più a sinistra di quelli a sinistra” (Pisapia, De Magistris ecc) e resiste anche al fatto di amministrare un Comune in pre-dissesto. “Nei primi posti ci sono sindaci neoeletti – continua Petrangeli, sindaco dal 2012 – e bisogna vedere quali comuni: governare un comune che non ha problemi economici o uno in dissesto o predissesto, come nel mio caso, è diverso”. Sul fatto di esser sceso (da ottavo a ventunesimo, se si guarda solo alle posizioni e non alle percentuali) lo stesso primo cittadino del capoluogo non fa drammi: “A metà mandato c’è il picco minimo, è fisiologico – continua Petrangeli – Dopo aver vinto con oltre il 60% dei consensi e con uno scarto così ampio, stare al 58,5% è lusinghiero. Dopo il risultato delle elezioni, potevamo solo scendere, è normale. Il dato va letto avendo consapevolezza dei grandi problemi che avevamo, abbiamo e avremo”.
(da Il Sole 24 Ore, Giovanni Trovati) Un punto in più dell’ anno scorso. Detta così, potrebbe sembrare una conquista piccola, quasi trascurabile, ma in tempi di tagli e tasse, di crisi economica e mareggiate di antipolitica, il «gradimento» dei cittadini è merce rara. A veder crescere il proprio bottino sono i sindaci dei capoluoghi di Provincia, che nella nuova edizione del Governance Poll elaborata da Ipr Marketing ottengono in media una sufficienza piena, ma soprattutto interrompono una serie negativa che ormai da anni erodeva progressivamente l’ apprezzamento dimostrato dai loro amministrati. Quest’ anno, il 53,4% dei potenziali elettori dicono che in caso di elezioni voterebbero il sindaco in carica, mentre dodici mesi fa la stessa risposta era stata data dal 52,3% degli intervistati. L’ inversione di rotta ha un motivo evidente. Dopo le elezioni che undici mesi fa hanno cambiato giunte e consigli in 4.092 Comuni, fra cui 29 capoluoghi di provincia, nelle città si è affacciata una classe di amministratori giovani, dal punto di vista anagrafico o politico (ma spesso i due aspetti coincidono); e le novità hanno più chance di piacere, o almeno di alimentare qualche speranza per combattere un po’ il malumore prodotto da Imu, Tasi, Tari, oppure dalle multe e dalle tariffe che provano a compensare le sforbiciate assestate dalle manovre. «La nuova graduatoria – conferma Antonio Noto, direttore di IPR Marketing – è figlia del “sentimento” politico che ha guidato gli italiani nell’ ultimo anno, dominato dalla richiesta di cambiamento». A spingere i risultati 2015 dei sindaci è Dario Nardella, che a Firenze sostituisce Matteo Renzi grazie al 59,2% di voti ottenuti al primo turno e ora sale a un rotondo 65% di «sì» raccolti tra i suoi concittadini. Appena più sotto Antonio Decaro, anche lui erede di una personalità non facile da sostituire, quel Michele Emiliano che dopo anni da campione di consensi a Bari ora corre per la presidenza della Regione (senza troppi problemi secondo i sondaggi, viste anche le lotte interne al centrodestra). Sul terzo scalino si incontra invece Giorgio Gori, che solo l’ anno scorso ha iniziato la propria «seconda vita» in politica vincendo le amministrative a Bergamo dopo una carriera da manager e produttore televisivo. Anche fuori dal podio, però, si sentono parecchio gli effetti del rinnovamento elettorale dello scorso anno, che porta in alta classifica città negli anni passati lontanissime dalla vetta. Due esempi, nel profondo Sud e all’ estremo Nord, spiegano bene il fenomeno: a Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, 32enne figlio dello storico sindaco Italo al quale la città dello Stretto ha dedicato anche lo spettacolare lungomare, riesce a superare il 60,9% raccolto alle urne nel primo turno mentre a Verbania Silvia Marchionini, classe 1975 ma lunga esperienza da amministratore locale, si ferma lontana dal consenso record (77,9%) ottenuto al ballottaggio ma raccoglie un 61% in grado di proiettarla al sesto posto. Gli anni, insomma, oggi in politica si fanno sentire, e non sono molti i personaggi che riescono a mantenere ricca nel tempo la propria dote di consenso. La leadership degli amministratori “di esperienza” può essere attribuita a Paolo Perrone, che in realtà non è nemmeno cinquantenne ma guida il Comune di Lecce dal 2007, e tiene alta la bandiera del centrodestra in un elenco di sindaci sempre più spostato a sinistra. Insieme a lui, al settimo posto della graduatoria, si incontrano anche il presidente dell’ Anci Piero Fassino, sindaco di Torino dal 2011 ma politico di lungo corso tra leadership di partito, parlamento e ministeri, e Roberto Scanagatti, che da tre anni guida il Comune di Monza in cui ha fatto il proprio ingresso da consigliere del Pci nel 1987. Fassino primeggia invece fra le grandi città, che si concentrano invece nelle zone medio-basse della classifica: De Magistris a Napoli è al 58esimo posto, Pisapia occupa la casella numero 67 mentre Marino a Roma è all’ 82esimo posto, e manca di poco la barriera del 50 per cento. «Da questi numeri – avverte Noto – non bisogna trarre conclusioni elettorali, perché tecnicamente non si misura l’ intenzione di voto ma l’ opinione dei cittadini sull’ operato del sindaco. Qui manca il contesto competitivo, e questo permette ai cittadini di dare un giudizio meno filtrato dalle appartenenze politiche». Sono numeri, insomma, che interessano più gli amministratori dei politologi, e alle elezioni si vedrà. Foto (archivio) RietiLife ©