Il 10 febbraio manifestazioni in tutta italia per ricordare l’orrore delle Foibe. Anche il sindaco Petrangeli e la città di Rieti si uniscono alle commemorazioni. “Le Foibe – scrive il primo cittadino di Rieti – sono ancora oggi una ferita aperta ed è per questo che occorre mantenere viva la memoria su uno degli episodi più dolorosi della nostra storia e contrastare ogni forma di nazionalismo e revanscismo. Nella Venezia Giulia, dopo il crollo del regime fascista e del Reich, si scatenò una violenta e scabrosa resa dei conti legata a un fatto storico a lungo strumentalizzato che, purtroppo, divede tuttora il dibattito politico e storico. Da una vicenda così drammatica e dolorosa, in particolare le giovani generazioni devono trarre insegnamento affinché nulla di quanto patirono gli italiani di quelle martoriate terre possa ripetersi”. GLI EVENTI DI MOVIMENTO STUDENTESCO E RINNOVAZIONE Nel giorno del ricordo dei Martiri delle Foibe e dell’esodo istriano giuliano e dalmata i Movimenti Rinnovazione e Movimento Studentesco Rieti, in collaborazione con il Comitato 10 Febbraio hanno promosso due incontri volti a creare un momento di riflessione e approfondimento in onore delle migliaia di italiani trucidati dall’odio dei partigiani di Tito. “Gli studenti dei licei Classico e Scientifico di Rieti – fanno sapere gli organizzatori degli eventi rivolti agli studenti – hanno incontrato rispettivamente Michele Pigliucci (presidente nazionale) e Carla Cace (membro del direttivo nazionale) del Comitato 10 febbraio da sempre attivi nell’aiutare i più giovani a non dimenticare e conservare la millenaria cultura italiana delle terre dell’Adriatico Orientale. Per non dimenticare è fondamentale che i più giovani studino la storia con le sue luci e le sue ombre, con le contraddizioni e le vergogne, perché è proprio agli studenti di oggi che è dato il compito di non dimenticare mai più e di riattaccare le pagine strappate dal grande libro della storia nazionale. La data del 10 febbraio che con legge è stata simbolicamente riconosciuta come la giornata del ricordo in nome dei caduti di Istria, Fiume e Dalmazia, ha restituito la giusta dignità alla commemorazione di un così tragico evento per la nostra nazione. Per quaranta giorni i partigiani di Tito, a guerra ormai finita, perseguitarono la popolazione Istriana e Dalmata che subì deportazioni, torture e uccisioni per poi sparire nell’oblio delle cavità carsiche; la loro colpa era solo e soltanto una, quella di essere italiani. A seguito del tradimento italiano dell’8 settembre 1943, i tedeschi entrarono a Udine, Trieste, Pola e Fiume, obbligando alla resa il Corpo d’Armata italiano. Circa 2.000 giuliano dalmati combatterono per la difesa ad oltranza dell’italianità della loro terra. In difesa dell’italianità dell’Istria lottarono contro i comunisti slavi anche i volontari giuliani del 2° reggimento M.D.T. “Istria” al comando di Libero Sauro, figlio di Nazario, ed i partigiani giuliani al comando di Dino Leonardo Benussi. Una feroce guerra che culmina con l’esodo di 350.000 italiani. I partigiani di Tito videro nella popolazione giuliana, non solo un nemico etnico, ma anche i rappresentanti di un altro stato sociale, dello stato dei possidenti che venivano liquidati o radicalmente espropriati. Migliaia di nostri connazionali sono stati gettati nelle foibe con un colpo alla nuca, talvolta precipitandoli senza neppure quello. Il supplizio di legare i prigionieri per le braccia ai pali e tenerli così sospesi per molte ore era una prassi comune per l’esercito titino. Le grida di dolore facevano impazzire gli altri italiani prigionieri, costretti ad assistere ai supplizi. Un cumulo di rancori e odii, di vendette e rappresaglie su ‘fascisti’ che nella maggior parte dei casi erano soltanto italiani, ai quali far finalmente pagare la colpa della loro nazionalità. È per questo che oggi noi Italiani – continuano gli organizzatori – non possiamo permettere che una simile ricorrenza scorra superficialmente sotto i nostri sguardi distratti, come una semplice celebrazione, nella vita che furiosa impazza, sempre più veloce, privandoci dello spazio per una reale interiorizzazione. Un minuto di silenzio e via. È ormai una sorta di convenzione, ad ogni evento triste si aspettano così quei sessanta secondi che interrompono il nostro lavoro, il nostro studio, i nostri pensieri e poi giù di nuovo precipitati in quella frenesia che tutto ci spinge a fare, senza di nulla capire il significato. Tutto perfettamente inutile, così come inutile è compiangere con rassegnazione una storia che non può essere cambiata. E se la battaglia contro la mistificazione dei fatti è ormai vinta, oggi più che mai proprio nel momento in cui l’evaporazione di ogni identità sembra prendere il sopravvento, è necessario ascoltare la voce degli Italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia che torna per donare nuovo vigore alle radici che ci legano inesorabilmente ad una storia, da sempre faro di civiltà, troppo grande per essere dimenticata, troppo bella per essere ignorata. In questo periodo di crisi profonda non solo economica ma anche spirituale, ricordare dovrebbe scatenare in noi un senso di rivalsa, una voglia di scrivere pagine più belle e raggianti nella nostra storia italiana, di riaccendere l’orgoglio nell’appartenere a questa nazione che troppo è stata violentata. Ed è perché siamo fermamente convinti di questo che troviamo il senso del Ricordo nelle giornate passate a fare uno striscione, a organizzare una conferenza o un semplice volantinaggio; è nell’azione e nel dono disinteressato che rendiamo omaggio agli italiani di cui vogliamo essere all’altezza, e troviamo l’essenza di una continuità spirituale con quanti hanno creduto che ‘Italiani’ non sia soltanto il sinonimo di mafia, mandolino e spaghetti”. Foto (archivio) RietiLife ©