L’EDITORIALE DI FORMAT – “GIUDICI MEDIATICI”

Ecco l’editoriale del mese di dicembre di Format, a firma di Stefania Santoprete.

Cosa sarebbe la nostra vita senza Elena Ceste, Roberta Ragusa, Guerrina Piscaglia…? Quanto le tv, i quotidiani, i settimanali dovrebbero versare ai loro parenti in diritti d’immagine e royalties?

Come occuperebbero i direttori di rete i vari palinsesti giornalieri? Il fenomeno è diventato insostenibile: dalle 8 di mattina alla mezzanotte dalla Panicucci, alla D’Urso, da Eleonora Danieli a Bruno Vespa passando per “Quarto Grado”, scivolando in tutte le edizioni dei Tg, non c’è sosta alla vivisezione autoptica delle loro menti, dei loro gesti, dei loro ricordi, persino delle loro volontà inespresse e delle insoddisfazioni celate. Un indagare pruriginoso che abbandona ben presto i binari dell’informazione per violare i confini del mondo privato ed intimo delle protagoniste e di tutti coloro che orbitano intorno alle loro esistenze. Vicini di casa, millantatori, amici di chat, persone sfiorate da un post o incontrate per caso in un bar diventano tocchi di quotidianità da tritare nel passacarne mediatico. Un feuilleton  le cui puntate si susseguono saltando di programma in programma, schiacciando il tasto del telecomando ed inseguendo l’indizio che ancora sfuggiva. Inutile scandalizzarsi però o dare ad altri la colpa: un fenomeno diventa tale quando il riscontro che ha sul pubblico lo certifica. Indubbiamente i dati d’ascolto confortano le scelte attuate. Siamo invischiati fino alla gola in queste storie: sappiamo chi è Michele dove vive quanti figli ha; chi era il frate amico di Guerrina, quanti sms sono stati scambiati; quale lavoro fa Antonio, come si chiama la sua nuova compagna…  manca poco che ci si chieda di partecipare al televoto per scegliere noi il possibile colpevole di ogni caso (strano che ancora nessun autore abbia messo in campo un format sullo stile di Cluedo: comunicati i vari indizi a puntate, suggerite le possibili armi del delitto e presentati i personaggi, trovare l’assassino, da casa!). Veramente abbiamo bisogno di ubriacarci di tutto questo? Non esistono più momenti informativi classici che non usino la drammatizzazione, qualsiasi caso di cronaca nera viene condito da inquadrature con  musica in sottofondo e voce fuori campo, persino all’interno dei Tg che hanno ormai smesso di limitarsi a comunicare notizie senza trasformarle in forma ‘fictional’, perdendo l’aurea istituzionale. Persino crimini della porta accanto, che fino a qualche tempo fa non avrebbero certamente goduto degli onori della cronaca nazionale, oggi vengono utilizzati ‘ad arte’ seguendo tipologie seriali, in grado di suscitare e tenere l’attenzione del pubblico. La logica della comunicazione tende a produrre “sciami informativi”, caratterizzati da grandi ondate cui segue, improvvisa, la risacca. Lunghi e fragorosi momenti di “popolarità” sommersi da altrettanto lunghi silenzi. Una precisa scelta editoriale. Ognuno di noi è libero di ribellarsi o meno a quanto avviene, l’importante è esserne consapevoli: individuare il martellamento continuo, ascoltare sì, ma mantenendo una coscienza capace di andare a cercare tra le pieghe le motivazioni di tali scelte, sottraendosi al gossip perverso, all’insana voglia di penetrare nelle vite altrui (non solo quelle sullo schermo) come a giustificare le nostre mancanze attraverso la condanna morale dell’altro. Siamo sempre più vicini ad una giustizia ottenuta ‘per esclusione’, ‘per deduzione’: chi altri se non lui? E’ questo che vogliamo? (Stefania Santoprete) Foto: RietiLife ©

 

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