(di Stefano Mariantoni) A 65 anni, quando gli altri solitamente appendono la bici in soffitta, lui l’ha comprata. E oggi, che di anni ne compie 93, Bernardino Colangeli continua ad andare e ad arrampicarsi sulle strade della Valle Santa. Qui si racconterà del Ferragosto appena passato a spingere sui pedali, fino alla vetta del Terminillo. E’ una dimostrazione di forza e di passione sconfinata quella di Bernardino, reatino classe 1921, che il 27 settembre avrà una candelina in più da spegnere e la patente da rinnovare. La salita è il sale del ciclismo, e se gli altri la temono, Colangeli la vuole nelle strade che percorre, mentre il contachilometri gira, gira con più di mille chilometri al mese, frutto di tre giri da 100 per settimana, senza contare il quotidiano andirivieni tra la casa di piazza Tevere e l’orto di Quattro Strade.
L’IMPRESA Domenica 15 agosto 2014, ore 6. Bernardino esce di casa e sale in sella alla sua Colnago, la maglia attillata, il caschetto, due biscotti per rifornimento. In questa limpida mattinata tre dei suoi amici più cari vestono i panni dei reporter. Perché questa corsa solitaria è troppo bella per restare sconosciuta. E si mettono d’accordo. Giampietro Festuccia farà le foto, Renzo Formichetti filmerà, Dino Marinelli organizzerà nei giorni seguenti una festa con tanto di premiazione. Ecco l’impresa. I ventisei chilometri dal suo garage al valico di Leonessa. Come l’anno scorso, come sempre dal 1986. E lo vedono andare, assecondare il cambio di pendenza con naturalezza, rapporto 30-25. Bernardino sempre in sella, oltre il pietrone di Lisciano fino al primo tornante, dove la strada s’impenna. Neanche un po’ di fiatone, quando risponde ai colpi di clackson di chi lo riconosce e lo saluta incredulo. Ancora lui? Anche quest’anno? Ma come fa?
BERNARDINO E LA SUA PASSIONE “La bicicletta mi fa stare bene – spiega – è grazie a questa passione che mi sento giovane e il mio medico, pochi giorni fa, mi ha consigliato di non prendere neanche una medicina. Non ne ho bisogno, a quanto pare. Un esempio di allenamento? Ieri mattina ho fatto un bel giro della Piana, fino a Piedimoggio, poi ho girato verso il lago di Ventina e quindi Marmore. In tutto 92 chilometri. Tre giorni fa mi sono girato vicino Carsoli. Vado solo, certo. Ho il mio passo e non pedalo per battere nessuno. In passato, soprattutto in salita, mi sono fatto rispettare. Oggi mi basta provare il gusto di andare”. Non c’entra la bici. È questione di testa, per il quasi coetaneo di Fausto Coppi. Nel 2000 sta per compiere 79 anni. Una lastra di ghiaccio lo inganna sulla Salaria per Ascoli. Cade e si spezza il femore destro. Dopo una breve convalescenza rieccolo in sella, per andare a ringraziare i Carabinieri che l’hanno soccorso. E si torna al giorno di Ferragosto. A Pian de’ Valli di certo scenderà, pensano i suoi amici, vorrà riposare le gambe dopo più di due ore di sforzi. Ma no, l’arrivo è più avanti, si sbriga a chiarire Colangeli, dove l’asfalto si tuffa in un’altra valle. Anche la batteria della fotocamera non ce la fa più. Lampeggia la spia rossa e si spegne. Lui invece continua, perché ha una voglia che si deve avverare. Gli fanno compagnia i ricordi di tutte quelle “Nove Colli”: sua moglie che lo aspetta in una spiaggia della Riviera, lui alle prese con quei 200 chilometri sulle strade di Marco Pantani. Esperienza ripetuta undici volte, le ultime due fatte fuori gara, fino al 2011, perché ben oltre i limiti di età. Ripensa alle Roma – San Benedetto del Tronto, a tutti quei raduni. Agli inverni con la bici in cantina e le gambe impegnate a camminare, nei suoi soliti tre allenamenti: martedì 13 chilometri, giovedì 17, sabato 20.
UNA PASSIONE ARRIVATA IN RITARDO “La mia passione è scoppiata tardi – ricorda – perché prima il tempo libero non c’era. Il lavoro da artigiano nell’edilizia, la famiglia e la casa prendevano tutto il mio tempo. Ventotto anni fa ho comperato la mia prima bicicletta da corsa. Pesavo 96 chili, 34 più di oggi, che sono a 62. E da allora molto è cambiato. Mi hanno aiutato le rinunce. Niente vizi, niente caffè, né liquori. Nessuna corsa oltre le mie forze. Solo quello che posso dare. Perché ne ho visti tanti pagare un’andatura forzata. Sulla bicicletta mi sento al sicuro, e finché sarà così, le mie tre figlie possono stare tranquille”. Infatti va. Col viso asciutto. Gli occhi acquosi puntati sulla prossima piega della strada. Un Forrest Gump dei pedali, con la stessa grinta ostinata. Eccolo in cima, dopo 3 ore e 38 minuti. Tre minuti in più dell’anno scorso, ammetterà.
La media sfiora gli 8 km orari. Lassù c’è un medico che gli prende il polso: 70 battiti, solo 70. C’è un amatore di Monteleone di Spoleto che il Terminillo l’ha attaccato dall’altro versante. Per caso arrivano assieme. Allora si stringono la mano. Il più giovane si complimenta, vuol sapere la sua età. Ma Bernardino Colangeli gli rigira la domanda. E il ciclista umbro dice 39. Bernardino fa: “Facile. Inverti le cifre”. Saluta tutti e si lascia scattare un’altra foto. Poi si gode la discesa. Foto: Giampietro Festuccia ©