Avanti la protesta dei rider Glovo di Rieti: niente consegne | La reazione (vergognosa e razzista) sui social dei ‘consumatori’

(di Valentina Fabri) Una schermata gialla e vuota, che con uno “Scusaci” liquida gentilmente i tantissimi fruitori di un servizio che quotidianamente consente di far recapitare a casa non solo cibo ma anche beni di prima necessità. La protesta di Glovo Rieti non si ferma e non lo farà fino a quando le rispettose voci dei tanti lavoratori non verranno ascoltate. Diritti per troppo tempo non riconosciuti, che ora vengono reclamati a gran voce utilizzando forme di protesta estreme come lo sciopero iniziato domenica 8 settembre.

L’azienda di delivery approdata a Rieti nei mesi della pandemia, cui hanno fatto seguito altre piattaforme che operano in città, ha trovato nelle restrizioni imposte dal lockdown la chiave per guadagnarsi in tempi rapidi la fiducia di consumatori, fino a quel momento poco abituati ai meccanismi degli ordini a domicilio e dei locali che a poco a poco, superando scetticismi ed aprendosi a nuove forme di commercio, hanno accolto la possibilità di soddisfare la propria clientela avvalendosi di una nuova risorsa: Glovo, appunto. Tutto possibile grazie ai tanti rider, spesso stranieri, che quotidianamente percorrono le strade cittadine in sella alle proprie bici, armati di zaini termici, per guadagnarsi da vivere consegnando cibo, spesa, farmaci. Con lo sciopero, neanche a dirlo, sono cresciute altre piattaforme.

Voci rispettose, dicevamo, perché anche la cortesia di chi ci consegna la cena arrivando fino al portone di casa viene valutata. Da noi, con un pollice verso che forse scegliamo di cliccare senza dargli la giusta importanza. Non facciamo sconti a contestare il minuto in più di attesa, ignorando che quell’appunto a fine giornata può alleggerire una paga e non di poco. Non ci curiamo di pioggia e maltempo se non perché infastiditi da un lieve supplemento sull’ordine effettuato e ci scagliamo con ferocia – triste e vergognoso atteggiamento adottato da molti reatini, per fortuna non la maggior parte – rivelando tutto il nostro razzismo su una notizia pubblicata sui social quando, per una volta quelle voci chiedono di essere ascoltate e quei diritti rispettati. Ad accogliere le comprensibili richieste di questa categoria dovrebbe essere l’azienda, certo, ma la nostra coscienza… quella non possiamo certo ordinarla con un’app.

Foto: RietiLife ©

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