Suicidio in carcere, Sappe si rivolge al Premier Meloni: “Servono provvedimenti rapidi. Tutti responsabili per queste morte assurde e ingiuste”

“Questo ulteriore suicidio avvenuto oggi nel carcere di Rieti (leggi) deve far riflettere sulla condizione in cui vivono i detenuti e su quella in cui è costretto ad operare il personale di Polizia Penitenziaria”. Lo dice Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, commentando il 61esimo suicidio nelle carceri del 2024. “Spesso, questi eventi, oltre a costituire una sconfitta per lo Stato, segnano profondamente i nostri Agenti che devono intervenire. Si tratta spesso di agenti giovani, lasciati da soli nelle sezioni detentive, per la mancanza di personale. Servirebbero anche più psicologi e psichiatri, vista l’alta presenza di malati con disagio psichiatrico. Spesso, anche i detenuti, nel corso della detenzione, ricevono notizie che riguardano situazioni personali che possono indurli a gesti estremi”, aggiunge, appellandosi al Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni: “Siamo costernati ed affranti: un detenuto che si toglie la vita in carcere è una sconfitta per lo Stato e per tutti noi che lavoriamo in prima linea. Ma nessuno può sentirsi indifferente a queste morti. Il personale di Polizia Penitenziaria è sempre meno, anche a seguito di questi eventi oramai all’ordine del giorno. Stiamo vivendo un’estate di fuoco nelle carceri e servono immediatamente provvedimenti concreti e risolutivi: espulsioni detenuti stranieri, invio tossicodipendenti in Comunità di recupero e psichiatrici nelle Rems o strutture analoghe. Il personale di Polizia Penitenziaria è allo stremo e, pur lavorando più di 10/12 ore al giorno, non riesce più a garantire i livelli minimi di sicurezza. Fino a quando potrà reggere questa situazione?”.

Capece ricorda che gli ultimi giorni il carcere di Rieti ha vissuto giornate di altissima tensione per le proteste di molti detenuti. Per questo, ribadisce che si rendono sempre più necessari gli invocati interventi urgenti suggeriti dal SAPPE per fronteggiare la costante situazione di tensione che si vive nelle carceri italiane: “Non è più rinviabile una riforma strutturale del sistema, anche ipotizzando eventualmente di ridurre il numero di reati per cui sia previsto il carcere e, conseguentemente, implementare delle pene alternative alla detenzione ed avviare una efficace struttura che consenta la loro gestione sul territorio. Il primo Sindacato della Polizia Penitenziaria non si fa prendere per il naso da chi oggi pensa di avere scoperto l’acqua calda e i problemi carcerari sollecitando improbabili indulti e leggi svuota carceri, mentre per mesi ed anni non hanno detto una parola sui provvedimenti delle varie maggioranze politiche di ogni colore al Governo che, nel tempo, hanno destabilizzato il sistema e destrutturato la sicurezza nelle carceri”.

Il leader del SAPPE ha evidenziato i problemi connessi alla gestione dei detenuti tossicodipendenti e di quelli psichiatrici, che non dovrebbero stare in carcere ma in Comunità adeguate: “La loro presenza comporta da sempre notevoli problemi sia per la gestione di queste persone all’interno di un ambiente di per sé così problematico, sia per la complessità che la cura di tale stato di malattia comporta. Non vi è dubbio che chi è affetto da tale condizione patologica debba e possa trovare opportune cure al di fuori del carcere e che esistano da tempo dispositivi di legge che permettono di poter realizzare tale intervento”. Infine, Capece ribadisce la necessità “di potenziare gli uffici per l’esecuzione penale esterna attraverso le articolazioni territoriali della Polizia Penitenziaria, con personale opportunamente formato e specializzato”.

“Di fatti, secondo il Sappe, è proprio questa la mission futura dell’esecuzione penale, che dovrà concentrare tutti i propri sforzi sulle misure alternative alla detenzione che si prevede potranno interessare decine e decine di migliaia di affidati”, conclude.

Foto: RietiLife ©

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